Singolare, femminile ♀ #118: Il meglio del 2023 - i film
Come ogni anno, mettiamo in fila il meglio di quanto è passato da sale, piattaforme e festival con una donna dietro la macchina da presa: un'annata di trionfi al box office e di esordi eccellenti.
Quest'anno è stato diverso: tirare le somme della presenza e della rilevanza delle donne dietro la macchina da presa nel 2023 significa parlare delle impressionanti somme che alcuni di questi titoli hanno raccolto, facendone un'annata da record. Barbie di Greta Gerwig (vedi anche newsletter n. 103) è stato il fenomeno dell'anno, il maggior incasso di sempre per Warner Bros (ha superato i numeri dell'ultimo capitolo di Harry Potter) nonché il maggior incasso nella storia per una regista di live action (attualmente, con 1,44 miliardi di dollari, è in corsa per superare anche Frozen II, che con 1,45 miliardi detiene il record assoluto per la regia al femminile, essendo co-diretto da Jennifer Lee), e con nove candidature è il film più nominato ai Golden Globe 2024. C'è ancora domani di Paola Cortellesi (vedi anche newsletter n. 114), nel suo piccolo, sta raggiungendo i 30 milioni di euro di incassi in Italia mentre scriviamo queste righe, entrando ufficialmente nella top ten dei maggiori incassi italiani da quando esiste il Cinetel (ossia dal 1995). Insieme, Barbie e C'è ancora domani hanno raccolto sinora 60 milioni di euro nelle sale italiane, innescando fenomeni spontanei di passaparola e affollando multisala e sale cittadine come non succedeva da tanto, troppo tempo.
Ovviamente non è solo questione di soldi, ma di visibilità e di rilevanza: da mesi al centro dei discorsi ci sono due film diretti da donne, con protagoniste assolute le donne, e incentrati sulla rappresentazione del femminile e sullo sguardo maschile che la limita. E non sono due film qualsiasi: diversissimi per provenienza e tavolozza cromatica, hanno in comune (oltre alla presenza, dietro la macchina da presa, di attrici passate alla regia dopo un lungo percorso come interpreti e sceneggiatrici insieme ai rispettivi compagni) un intento nobile di femminismo divulgativo ma militante, sono entrambi percorsi femminili di riconquista di sé e di emancipazione dal modello patriarcale, e sono entrambe commedie ambiziose in grado di intrattenere pubblici molto stratificati e appartenenti a generazioni diverse. Se aggiungiamo il terzo trionfatore dell'anno, il vincitore della Palma d'oro Anatomia di una caduta di Justine Triet (vedi anche newsletter n. 96), abbiamo una composita, apparentemente inconciliabile triade di titoli che, pure, rappresentano facce del medesimo prisma, quello di un femminile che si ribella alle etichette imposte.
L'ormai celebre monologo di America Ferrera in Barbie, su come le donne siano condannate a essere "perfette" senza mai poter essere se stesse; i dialoghi tra madre e figlia in C'è ancora domani; l'estenuante processo a Sandra Hüller in Anatomia di una caduta, che mette sul banco degli imputati il suo non essere "abbastanza" (come moglie, come madre, come donna tenuta a mantenere in equilibrio carriera e affetti con la grazia spontanea di una fata o di un giocoliere) sono in fondo tre variazioni sullo stesso tema, ci dicono tutti, in modi e con intensità differenti, la medesima cosa, quella cosa ovvia che pure non possiamo dare per scontata, e che è più che mai necessario che film come questi ribadiscano: che le donne sono persone, e in quanto tali dovrebbero avere gli stessi diritti degli uomini, compreso quello di sbagliare, quello di essere stufe, quello di essere libere.
È stato un anno diverso, e lo celebriamo con la nostra solita top 25 dei migliori titoli diretti da donne: in ordine alfabetico, prima la top 10 e poi altri 15 titoli meritevoli. Ci siamo concentrate sui film distribuiti in Italia nel corso del 2023, con qualche doverosa eccezione, perché tra le opere più significative di quest'anno ce ne sono alcune che nel nostro paese arriveranno solo nelle prossime settimane, e altre senza una data d'uscita ma che speriamo di vedere presto. È stato un anno di esordi clamorosi: oltre a quello succitato di Cortellesi, il magnifico Past Lives di Celine Song (già in cima a molte classifiche internazionali e candidato al Golden Globe per la regia: ottimo indizio di come vivrà la sua stagione dei premi), il sorprendente Felicità di Micaela Ramazzotti, il coming of age di How to Have Sex (non perdetelo, sarà in sala all'inizio dell'anno e poi su MUBI; ne abbiamo parlato anche qui), le centaure di Rodeo e i fantasmi di Falcon Lake. Un anno pieno di giovani donne che prendono a pugni la vita e la normatività, a volte letteralmente, come le nostre nuove idole di Bottoms (vedi newsletter n. 117), o figurativamente; un anno di capolavori fluviali come Trenque Lauquen e di piccoli gioielli come l'animazione My Love Affair with Marriage, e un anno di documentari provocatori e affilati, come Mutzenbacher e Brainwashed (vedi newsletter n. 92), due lati dello stesso tentativo di ribaltare definitivamente il male gaze.
Come sempre, il nostro è soprattutto un invito alla visione, e alla (ri)scoperta del cinema fatto dalle donne, che quest'anno ha fatto un bel balzo fuori dai margini.
La nostra top 10: i migliori film diretti da donne del 2023
Anatomia di una caduta di Justine Triet
Un uomo cade e muore. Una donna gli sopravvive: era l'unica adulta in casa in quel momento, è una donna emancipata e poco "calorosa", ha spesso lasciato al marito le incombenze domestiche e la cura del figlioletto per occuparsi della sua carriera e della sua libertà. Il processo che segue non è solo un thriller giudiziario, ma un'analisi (da anatomopatologo, appunto) di un matrimonio, di un'idea di donna, delle aspettative che più o meno consciamente riponiamo nella figura femminile in un nucleo familiare. Elegante e intelligente, il film di Triet ha vinto il Festival di Cannes, oltre che 5 premi EFA, gli Oscar europei (compresi miglior film, attrice e regia), ed è ancora nei cinema italiani.
in sala
Barbie di Greta Gerwig
A Barbieland ogni ruolo di rilievo è occupato dalle donne. Le donne sono protagoniste, eroine, hanno lavori e carriere; gli uomini sono relegati ai margini, sulla spiaggia; esistono solo se le donne li guardano, funzionano solo come interessi amorosi, e hanno lavori non bene identificati di cui a nessuno interessa. Cosa ci ricorda? A parti invertite, ciò a cui il cinema ci ha abituati per 130 anni: le donne ai margini, rilevanti solo se sottoposte all'interesse e allo sguardo maschile. Il gioco di Gerwig è tutto qui, ed è gestito con grande intelligenza, e con ottimo senso della commedia. La fetta di pubblico maschile che si è indignata non fa che confermare il teorema, e da mesi si prodiga nello spiegare perché il film è un fallimento, senza sapere cosa sia il mansplaining.
su Infinity, Rakuten, GooglePlay
Bottoms di Emma Seligman
Semplicemente: un trionfo. Una commedia scorretta e sanguinaria, saffica e sexy, arrapata e citazionista, che fa esplodere tutti i cliché del teen movie in un crescendo grottesco ed esilarante di equivoci e botte da orbi. Il film più divertente e liberatorio dell'anno, da vedere e mandare a memoria battuta cult dopo battuta cult; il film che avremmo voluto avere, quando eravamo adolescenti e dovevamo accontentarci di American Pie.
su Prime Video
C'è ancora domani di Paola Cortellesi
Il film che ha portato in sala (quasi) tutti, e con ragione: usando la potenza di fuoco del suo cast nazionalpopolare (Cortellesi medesima, insieme a Valerio Mastandrea, Giorgio Colangeli, Emanuela Fanelli) e il linguaggio universale della commedia (con innesti musical ambiziosi ed efficaci), Cortellesi riesce nel miracolo di riempire le sale con un film autenticamente femminista, anche e soprattutto per il messaggio che lancia a tutte le generazioni di donne (non sono solo le giovani a «essere ancora in tempo» per scegliersi una vita di autonomia e non di vessazione). Uscito in ottobre, sostenuto dal passaparola e reso ancora più urgentemente attuale dal dibattito sulla violenza e sulla società patriarcale che l'assassinio di Giulia Cecchettin ha innescato nel nostro (miope e confuso) paese, è il film dell'anno, senza se e senza ma.
in sala
La chimera di Alice Rohrwacher
I registi italiani da esportazione sono pochi (c'era Benigni, ora ci sono Sorrentino e Garrone), le registe poi pure meno, forse una sola: Alice Rohrwacher. Il cui racconto di un'Italia arcaica e maneggiona, tra commedia dell'arte e arte di arrangiarsi, incanta le platee internazionali per la sua dimensione sospesa tra realismo magico e cinema del reale. Con La chimera, favola stracciona ambientata fra i tombaroli a caccia di reperti etruschi, compie un altro passo verso il cinema dei suoi ispiratori, Sergio Citti su tutti; un'idea di cinema che è anche idea di mondo, dalla parte dei margini, dalla parte di chi la logica capitalista la subisce e, se può, la scansa. Un cinema che fanno davvero in pochi, da tenerci stretto. Vedi anche newsletter n. 116
in sala
Falcon Lake di Charlotte Le Bon
Un gioiello dal Festival di Cannes 2022, che ha visto il buio delle sale italiane solo quest'anno: un altro esordio d'attrice (la québecoise Charlotte Le Bon, classe 1986), tratto da un graphic novel, ambientato in un'estate senza tempo, una vacanza che per il tredicenne Bastien diventa una vita intera, perché scopre l'amore, il desiderio, la rabbia, grazie all'enigmatica Chloé. Girato con grande maturità, a fior di pelle dei suoi due giovanissimi interpreti, è un coming of age ammantato di mistero e decadenza, una ghost story fatta di quadri pastosi e perturbanti, che riavvolge l'adolescenza in un loop amaro e sorprende a ogni sequenza.
su RaiPlay
Notre corps di Claire Simon
Presentato alla Berlinale 2023, e poi al Torino Film Festival, dove ha vinto il premio per il miglior documentario internazionale, il film di Simon ha avuto un brevissimo tour italiano a dicembre, e speriamo arrivi presto in molte più sale. Per chi scrive, uno dei film più importanti dell'anno: un'immersione nel reparto di ginecologia e ostetricia di un ospedale del 20° arrondissement di Parigi che piazza davanti alla macchina da presa la schietta realtà del corpo delle donne, il dolore, la gioia, i fluidi corporei, la fecondazione, la malattia, la paura e la maternità, in un flusso continuo che ha il preciso intento di rendere visibile, guardabile, ciò che spesso è tabù, sussurrato, imbarazzante. Un'opera maiuscola, tra universale e particolare (la regista stessa si mette in discussione davanti all'obiettivo), di rifondazione dello sguardo sul femminile.
Past Lives di Celine Song
Lo trovate in cima a molte classifiche delle testate internazionali; è stato presentato al Sundance e alla Berlinale 2023 ed è candidato a 6 Golden Globe, e possiamo confermare: è un film raro, scritto con intelligenza e sensibilità impressionanti. La storia di un amore d'infanzia che scolora nel tempo, strappato dall'età adulta e dalla separazione geografica; un film sullo sradicamento (la protagonista si trasferisce dalla Corea al Canada e poi a New York) e sulla possibilità di coltivare nuove radici; un anti-mélo che edifica, nel ritmo piano dei suoi dialoghi puntuti, nella nostalgia che le immagini evocano, la possibilità di costruire relazioni basate sull'onestà, non sul possesso; sulla trasparenza e non sul rispecchiamento. Un triangolo (in stato di grazia tutti e tre gli interpreti, a partire da Greta Lee) dai lati non taglienti, dagli angoli accoglienti, per ripensare alle sliding doors della vita.
in sala dal 14 febbraio
Priscilla di Sofia Coppola
A Venezia 2023 si è portato a casa la Coppa Volpi per la giovane protagonista, la venticinquenne Cailee Spaeny, bambola di carne nella prigione dorata di Graceland in questo anti-biopic che analizza le icone di Elvis e Priscilla nella prospettiva disincantata di una relazione tossica. Un grande film sul rapporto genio-musa, e sulla leggenda che si stampa quando la verità (l'uomo più desiderato e famoso del mondo seduce una studentessa liceale e la porta a vivere con sé ancora minorenne) suona troppo male; un romanzo di formazione su una Alice in Wonderland adolescente costretta a fare i conti con se stessa in una casa-mondo totalmente fuori dalla realtà. Vedi anche newsletter n. 106.
in sala prossimamente
Trenque Lauquen di Laura Citarella in sala e su MyMovies One
Due parti, quattro ore, infinite storie, tra cui: quella di Lady Godiva, quella di una donna amata da due uomini che sparisce nel nulla, quella di una creatura dalle fattezze misteriose, forse aliena. Storie raccontate a voce, in radio, nei libri, sui biglietti, disseminate come in una caccia al tesoro lungo le strade imprevedibili di un road movie labirintico e travolgente, frutto della visione comunitaria dell'imprendibile collettivo argentino El Pampero Cine, e guidato dagli sguardi curiosi e appassionanti di una regista e di una protagonista (tre volte Laura: Citarella la regista, Paredes l'interprete, Laura ancora il nome del personaggio) che scombinano le carte del racconto. Una visione da non perdere, sullo schermo che avete più vicino.
in sala e su MyMovies One
Altri 15 film di donne che abbiamo amato nel 2023:
L'appuntamento di Teona Strugar Mitevska
Brainwashed - Sex Camera Power di Nina Menkes su IWONDERFULL
Due fratelli di Léonor Serraille
Felicità di Micaela Ramazzotti
Fair Play di Chloe Domont su Netflix (vedi anche newsletter n. 111)
How to Have Sex di Molly Manning Walker in sala all'inizio del 2024
Jeanne du Barry di Maiwenn su iTunes, GooglePlay
La ligne - La linea invisibile di Ursula Meier
Linda e il pollo di Chiara Malta e Sebastien Laudenbach prossimamente in sala
Mutzenbacher di Ruth Beckermann su MUBI
My Love Affair with Marriage di Signe Baumane su IWONDERFULL
Rodeo di Lola Quivoron
The Silent Twins di Agnieszka Smoczynska su Rakuten, iTunes
Saltburn di Emerald Fennell su Prime Video dal 22 dicembre
Tengo sueños electricos di Valentina Maurel su MUBI
ILARIA FEOLE
Abbiamo intervistato Laura Citarella sul n. 46/2023 di Film Tv, in occasione della distribuzione nelle (troppo poche) sale del suo bellissimo Trenque Lauquen: vi riproponiamo il dialogo.
La ragazza scompare - Intervista a Laura Citarella
Alla ricerca di una donna e del suo mistero: da Venezia 79 arriva in sala grazie a Exit Media un capolavoro targato El Pampero Cine. Ne parliamo con la regista.
Un anno dopo il passaggio a Orizzonti, come ultimo fuoco (e tra i più dirompenti) della 79ª Mostra di Venezia, è nei cinema italiani Trenque Lauquen, opera seconda dell’argentina Laura Citarella: quattro ore potenzialmente inesauribili, scardinanti tempo e spazio, fuori canone e monstre come la compagnia, la comune, la banda di El Pampero Cine comanda.
Il nome della protagonista, Laura - figura misteriosa che si perde dietro a un mistero e poi lo diventa lei stessa -, è anche il tuo, quello dell’interprete e co-sceneggiatrice Paredes, e si porta dietro un’eredità cinematografica e televisiva importante: dalla Laura Hunt di Otto Preminger alla Laura Palmer di David Lynch. Tutte donne che scompaiono, donne con un segreto...
C’è indubbiamente un gioco di simbiosi, perché abbiamo voluto avviare un dialogo con la storia del cinema, così come un elemento di casualità. Nel mio esordio, Ostende, c’è un’altra Laura, sempre interpretata da Paredes, altrettanto curiosa e assalita dalla propria fantasia. È un personaggio a cui piace estrarre narrazione da ciò che lo circonda, ma è un personaggio che rimane passivo, come Stewart in La finestra sul cortile, mentre in Trenque Lauquen Laura entra in azione, fa un passo in più, non esiste solo in funzione della sua sparizione.
Nel film ci sono personaggi che fanno da narratori per altri personaggi, e personaggi che fungono da spettatori...
Trenque Lauquen è organizzato attorno a mutazioni e metamorfosi. È un film che si trasforma costantemente, i punti di vista cambiano, il soggetto-Laura viene visto da persone diverse sotto luci diverse. Ci abbiamo lavorato facendo in modo che i misteri si spegnessero pian piano, destrutturando il film fino a scarnificarlo, aprendolo così al mondo. L’idea era che all’inizio il verbo fosse centrale, definendo il ritratto di un mondo concreto, analogico - la radio, le lettere, il libro - e vestito di parola e di oralità, ma che poi si andasse sempre più verso un film silenzioso e meno intellegibile.
È interessante che il rapporto fra i due “rivali” Rafael e Ezequiel non sia di segno negativo: la magia che scaturisce da Laura, e dal loro amore per lei, viene, al contrario, condivisa.
Il personaggio di Laura ha una funzione contagiosa, infetta tutto con il senso dell’avventura, coloro che la circondano hanno un’esistenza piana e finanche noiosa, ma quando entrano in contatto con lei si aprono alle possibilità fantastiche della vita. Un collega di El Pampero Cine, Matías Piñeiro, mi ha fatto notare questo ruolo elettrico, dinamizzatore di Laura, che sveglia i personaggi ma crea anche scompiglio, perché questi uomini finiscono per confondere l’amore con il lavoro, il lavoro con l’avventura. Un caos creativo che riflette poi quello del nostro collettivo: siamo tutti sempre insieme, quindi ci si innamora mentre si lavora, mentre s’indaga la realtà e si costruisce la finzione. Siamo una grande famiglia e il film rispecchia il nostro modus operandi e la nostra energia, l’idea che l’avventura sia una scarica intensissima che in qualunque momento ti può travolgere.
Trenque Lauquen è percorso da altre grandi figure di donne, di cui Laura legge e con cui si identifica: l’inafferrabile Carmen Zuna, e poi Lady Godiva, Aleksandra Kollontaj... Donne rincorse, che si cerca di conoscere e riconoscere, scoprire e riscoprire. È insomma anche un film sulla natura inafferrabile del femminile?
Mi piace pensare che i personaggi femminili del film, anche quelli che appartengono al passato, siano collegati da fili invisibili, come nelle pagine del libro di Kollontaj dove si passa dalla prima persona singolare alla prima persona plurale, dall’io al noi. Un cambiamento che Laura si accorge esser stato sottolineato da qualcun’altra in un’altra epoca e in un altro luogo, così viene a crearsi questa comunanza, una serie di ponti infiniti, di gesti, come quello di Carmen che se ne va, incinta, attraverso la pampa, gesto all’epoca visto come un segno di follia ma poi ripreso da Laura nell’oggi come atto di emancipazione e libertà.
Il film a un certo punto inizia a ruotare intorno a un’immagine mancante, quella di un caimano, di cui Laura va alla ricerca. Mi sembra una bella metafora di ciò che cerchiamo guardando un film: qualcosa che non abbiamo mai visto. E il tuo, di film, produce in lei e in noi questo stimolo al desiderio, negandoci il suo esaudimento.
A me interessa creare storie a cui ci si possa relazionare in maniera personale. Volevo lasciare spazi vuoti e momenti di incertezza nella fusione dei misteri per dar modo a chi guarda di essere proattivo. È più interessante mostrare la stanza dove ha abitato una creatura magica piuttosto che la creatura, realizzata in post-produzione, posticcia. Funziona come con i prestigiatori: la magia sparisce se ti spiego tutto. Lasciare misteri irrisolti è essenziale per questo tipo di racconto. E per il cinema, che è sì qualcosa di materico, di visuale, per l’appunto, ma deve mantenere un’ambiguità. Che per me è irrinunciabile, perché omettere delle immagini ti permette sempre di creartene di tue.
FIABA DI MARTINO
A proposito di Paola Cortellesi e del suo anno: pochi giorni fa la regista è approdata anche sul “New York Times” in un articolo che analizza C’è ancora domani, il successo del film e i temi urgenti che tocca. Si legge qui [in inglese]
Per chi ha in programma una gita a Londra nei prossimi mesi, imperdibile la mostra Women in Revolt - Art and Activism in the UK 1970-90 alla Tate Britain fino al 7 aprile: esposti i lavori di oltre 100 artiste britanniche che negli anni 70 e 80 hanno cambiato il volto dell’attivismo tramite la loro arte politicamente militante.
Come ogni anno, “Variety” abbina grandi interpreti dell’annata cinematografica per metterli in dialogo nella serie di interviste Actors on Actors: tra le coppie dell’anno, anche Emily Blunt e Anne Hathaway, giovani dive sul set di Il diavolo veste Prada e ora a confronto sulle rispettive carriere.