Singolare, femminile ♀ #069: Passioni semplici
In uscita a dicembre, il documentario Les années super8 mette il premio Nobel Annie Ernaux a confronto coi ricordi immortalati dagli home movie: la grande autrice francese l'ha presentato in Italia, parlando di arte e di diritti delle donne.
«Bisogna reagire, e bisogna reagire in fretta. I diritti delle donne sono fragili». Con la voce limpida e l'inflessione precisa di chi ha una vita da insegnante alle spalle, Annie Ernaux, fresca premio Nobel per la letteratura del 2022, ha indirizzato al pubblico di Bologna parole di grande lucidità e urgenza sulla pagina di storia incerta e cupa che stiamo vivendo. Il medesimo nitore si ritrova nella voce narrante con cui aggiunge senso e profondità alle immagini domestiche raccolte nel documentario Les années super8: il figlio minore, David Ernaux-Briot, ha recuperato e montato i filmini delle vacanze e delle festività familiari girati dal padre Philippe negli anni tra il 1973 e il 1981, e ha chiesto alla madre di scrivere un testo ex novo per accompagnare quei fotogrammi. L'autrice lo ha poi inciso, facendosi voce narrante del film, e il risultato è un flusso di coscienza che, come spesso accade nella prosa di Ernaux, sa agganciarsi al peso specifico delle immagini per aprire in esse finestre sul mondo, connessioni, legami tra l'intimo e l'universale che vanno molto oltre la memoria personale.
Les années super8, presentato al Festival di Cannes (vedi Singolare femminile n. 52) e alla Festa di Roma, è stato il 24 e 25 ottobre scorsi l'evento di chiusura di Archivio aperto, la manifestazione organizzata dal bolognese Home Movies - Archivio nazionale del film di famiglia per attuare la riscoperta e la valorizzazione del patrimonio filmico privato e sperimentale, e sarà nelle nostre sale con I WONDER Pictures a partire dal 6 dicembre (proprio nella settimana della consegna effettiva dei premi Nobel).
L'opera di Ernaux, in Italia meritoriamente pubblicata dall'Orma Editore con le traduzioni di Lorenzo Flabbi, è stata più volte sfiorata in questa newsletter: dalle sue pagine, quelle di L'evento, è tratto il Leone d'oro 2021 L'événement - La scelta di Anne (vedi Singolare femminile n. 19), incentrato sull'esperienza autobiografica di Ernaux di un aborto clandestino nella Francia degli anni 60, e in senso più ampio dedicato alla sua volontà di autodeterminazione nel poter scegliere una carriera di studentessa e di letterata emancipandosi dalle sue origini popolari. Da Passione semplice è invece tratto L'amante russo (vedi Singolare femminile n. 6), storia di un'ossessione erotica e amorosa che invade la vita e la personalità dell'autrice/protagonista. L'approdo al grande schermo con un documentario così personale, dove si confronta con le immagini del suo privato passato, è lo slittamento in forma cinematografica di un lavoro letterario inesausto da quasi mezzo secolo: raccontando di sé, dei suoi viaggi di giovane donna borghese (in Cile, in Africa, a Londra), dei suoi legami con la famiglia di appartenenza e con quella del marito, Ernaux mette in campo anche la Storia con la S maiuscola, Allende e il golpe di Pinochet, Mitterrand e la Francia che cambia, le città nuove che sorgono dal nulla (Cergy-Pontoise, la sua residenza dai primi 80 in poi; che è pure la città di Céline Sciamma, e un bellissimo dialogo tra queste due "sorelle di lotta" si può leggere qui), le tensioni di classe di chi come lei cercava di appropriarsi di un sentimento e di un agire borghese provenendo dal proletariato della Normandia. Il film porta sullo schermo una manciata di vacanze, alcune con e altre senza la presenza dei figli piccoli, e un'altrettanto esigua quantità di Natali e compleanni, eppure copre quasi tutto l'arco degli anni 70, componendo un ritratto che Ernaux arricchisce inserendo nella sua prosa avvolgente riferimenti a canzoni, libri, film dell'epoca.
Ma Les années super8, col suo dialogo tra filmini del passato e voce narrante del presente, si pone anche come la naturale prosecuzione di un percorso di scrittura che con lo scandaglio delle immagini si è confrontato spesso: dai riferimenti cinematografici alla presenza in sordina dello schermo televisivo a scandire i fatti della Francia e del mondo, ma soprattutto per l'analisi che Ernaux compie dei suoi ritratti fotografici, come nel suo capolavoro Gli anni. È sempre un'immagine a innescare il ricordo, il racconto; uno scatto fotografico che Ernaux cerca di penetrare - a cosa stava pensando quella ragazza che è lei stessa ma è pure un'altra da sé? Cosa aspettava, cosa sperava, cosa ignorava? - per ritrovare se stessa e chiudere dei cerchi, per calarsi in un tempo diverso e far travasare quel tempo sulla pagina scritta, oltre i bordi della foto, oltre le trappole della memoria. Opere per le quali Ernaux rifugge la definizione di autofiction, perché sostiene che l'io narrante sia «una forma impersonale, meglio ancora transpersonale. Non un modo di costruire la mia identità, ma piuttosto di catturare, attraverso la mia esperienza, i segni di una realtà familiare, sociale o passionale». Non un racconto di sé, ma un racconto a partire dal sé: così in La vergogna ripercorre la sua infanzia e l'ingresso nell'età adulta segnato da uno sconcertante atto di violenza; in Una donna rivede la vita della madre defunta in un'ottica di impossibile sorellanza; in La donna gelata espone chirurgicamente i condizionamenti patriarcali che hanno fatto di lei una casalinga infelice; nel recente Guarda le luci amore mio cammina lungo le corsie illuminate al neon del supermercato Auchan, teatro di quotidiani dilemmi. Uscirà invece l'8 novembre, sempre l'Orma, la più recente traduzione di un suo lavoro, Il ragazzo, dove ripercorre la presa di coscienza e la legittimazione del suo desiderio tramite la relazione avuta con un uomo di trent'anni più giovane di lei.
Ernaux è un'osservatrice, uno sguardo acuto, anche di se stessa; nella sua prosa magnifica c'è la consapevolezza del peso specifico delle parole, di quanto il linguaggio stesso sia alla base delle differenze e delle inequità, delle disparità di genere e di classe, facendosi strumento di potere; un linguaggio di cui lei si appropria per farlo strumento di lotta, di trasmissione del vero, di documentazione di esperienze di vita e di rivendicazione di sé. C'è, nella sua scrittura, un distacco mai cinico, mai scopertamente ironico, sempre empatico pur se tagliente, salvifico perfino, nonostante sia spesso spietato (non spietato verso se stessa o verso il lettore, ma verso le ipocrisie, le autoassoluzioni e le dissonanze cognitive con cui affrontiamo la realtà), un distacco tramite il quale sa rileggere la vita con intelligenza, riallacciare i fili, mostrare al lettore l'ordito in cui possa riconoscersi. Avviene lo stesso con Les années super8, dove uno sguardo, un'inquadratura che indugia sugli alberi, un cappotto indossato con orgoglio, diventano per Ernaux gli spunti da cui partire per raccontare ciò che giaceva sotto la superficie di quelle immagini: il fervore della sua nascente carriera di scrittrice, le pagine scritte quasi in segreto, la sua nuova identità che sbocciava sotto quella di moglie, madre e insegnante. E la dissoluzione progressiva di un matrimonio complicato dalle idee di sé che non coincidevano con la realtà; la delusione implicita nello sguardo della madre; le domande che restavano mute come muti sono, d'altronde, i filmati in super8, per i quali la voce di Ernaux è la vera colonna sonora.
L'incontro col pubblico bolognese è stato per l'autrice l'occasione di ripercorrere una volta di più questo suo istinto ad allacciare il personale e l'universale con le maglie di una lucidità eccellente; una modalità di lettura del mondo che, racconta Ernaux, le viene sin dall'infanzia, dal guardare e ascoltare gli avventori del bar-drogheria gestito da sua madre, persone che sedute ai tavoli parlavano del mondo, dei fatti fuori da quelle mura, e che l'hanno abituata a osservare la realtà con un punto di vista più ampio. Una modalità di essere, prima ancora che di scrivere, ci tiene a ribadire; e infatti non c'è soluzione di continuità fra gli ambiti della sua vita, tra il racconto delle sue origini e il suo continuare a combattere per la causa femminista, oggi, a 82 anni, con la rinnovata forza che il prestigio di un premio Nobel può dare a un'autrice già maiuscola. «Mi pare che questa epoca attuale sia l'inverso di quegli anni 70» ha detto alla platea bolognese riferendosi al decennio parzialmente immortalato da Les années super8 «perché allora si era nella fase di acquisizione dei diritti delle donne, che oggi invece appaiono sempre più minacciati, come vediamo in Iran, ma anche in Polonia e negli Stati Uniti». Da qui l'appello, con cui abbiamo aperto questo numero, a «reagire in fretta». «Stiamo lasciando erodere questi diritti, e i diritti delle donne sono sempre molto fragili, bisognerebbe per esempio ottenere che il diritto all'aborto diventi una realtà nella costituzione europea». Un appello squillante che l'autrice pronuncia con la consueta fermezza, con la consapevolezza profonda della responsabilità e della necessità di lottare ancora.
Nell'incontro successivo alle proiezioni Ernaux ha aggiunto che il potere di disporre del proprio corpo è una delle libertà da sempre costantemente minacciate per le donne, perché soggetta al «desiderio di controllo da parte degli uomini, fin dalla preistoria; il desiderio cioè che le donne si occupassero dei figli e che allo stesso tempo non potessero disporre del proprio corpo. La lotta per poter riappropriarsi del diritto del controllo sul proprio corpo è qualcosa che deve essere fatta quotidianamente, continuamente». Un invito a cui ha aggiunto la preoccupazione per alcune affermazioni pronunciate dalla neo ministra italiana per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella, che ha definito «pericolose». Parole che, proprio come quelle dei suoi romanzi, suonano come l'invito a poter rendere collettiva e aperta un'esperienza personale: la lotta per la parità dei diritti, per la difesa dell'autonomia della donna, per la possibilità di avere una voce nel discorso politico non sono mai per Ernaux questioni astratte, ma legate a doppio filo al suo vissuto, inscindibili dall'esperienza, intrecciate dunque nelle sue pagine così come lo diventano nelle sue lucide chiose dal vivo: questioni che riguardano tutti, che speriamo il Nobel dia la spinta per (ri)scoprire nei suoi romanzi. ILARIA FEOLE
Tra le recensioni dei lavori di Ernaux pubblicate su Film Tv vi riproponiamo l’ultima in ordine cronologico, quella di Guarda le luci amore mio, sul n. 17/2022.
Lost in the supermarket
Su Instagram c’è un account, Insta della spesa, che colleziona post-it raccolti da terra all’uscita del supermercato. Scampoli stropicciati su cui gli avventori appuntano l’elenco degli acquisti, ignari che quelle note corredate da tenere e spassose indicazioni («cioccolato fondente: chiamami; WC Net: videochiamami!») saranno poi catalogate come reperti, preziosi bignami della loro intimità. Da una fascinazione analoga è attraversato Guarda le luci, amore mio (L’orma Editore, pp. 112, € 13, traduzione di Lorenzo Flabbi) di Annie Ernaux. Che dopo tutta una vita a ricostruire da «etnografa di se stessa» gli eventi della sua esistenza nel 2012 sceglie di raccontare la vita sbirciandola da dentro quello spazio transitorio in cui essa fluisce indifferente e indiscriminata: l’ipermercato, «cattedrale sfavillante» dei consumi, luogo d’incontro collettivo di «individui differenti per età, reddito, cultura, origine». Per un anno l’autrice francese registra in forma diaristica le sue sortite all’Auchan di Clercy. Nella disposizione dei prodotti, nel linguaggio seduttivo-minatorio che li comunica, nelle tacite leggi che regolano le scelte dei clienti scova i segni di scottanti diseguaglianze, il «ruolo dell’ipermercato nel perpetuare rassegnazione sociale» e stereotipi di genere. Tra un appello alle Femen perché mettano «a soqquadro gli scaffali che modellano il nostro inconscio» e la conta dei morti nel crollo del Rana Plaza di Savar, in Bangladesh («tra le macerie, etichette di Carrefour, Camaïeu e Auchan»), Ernaux non si limita a osservare: s’immerge nel «presente ripetuto» del supermercato e si fa superficie liscia, riflettente. Sa - meglio di tanti altri - che per scrivere un buon libro a volte basta saper brandire un carrello in luogo della penna. Compilare, prima che un saggio, una lista della spesa.
CATERINA BOGNO
È già disponibile su RaiPlay, e andrà in onda su Rai3 il 30 ottobre, Giorgiana Masi, morte di una studentessa, episodio della serie Ossi di seppia - Quello che ricordiamo dedicata alla morte della diciannovenne romana, uccisa da un colpo di pistola durante una manifestazione politica il 12 maggio 1977.
Registe francesi protagoniste a France Odeon - Festival del cinema francese di Firenze, dal 28 ottobre al 1° novembre: in programma, tra gli altri, Annie Colère di Blandine Lenoir (con Laure Calamy militante per la legalizzazione dell’aborto), Stella est amoureuse di Sylvie Verheyde e La grande magie di Noémie Lvovsky.
Per gli amanti delle classifiche: Letterboxd, il social network che raccoglie voti e recensioni di utenti cinefili, ha stilato la top 250 dei film di fiction diretti da donne (valgono anche le co-regie) in base alle preferenze degli iscritti. Con parecchie sorprese.