Singolare, femminile ♀ #052: L'altra metà di Cannes
Singolare, femminile
lo schermo delle donne
- di Alice Cucchetti e Ilaria Feole -
#052 - L'altra metà di Cannes
Ciao ,
questa è Singolare, femminile, un viaggio settimanale attraverso i film, le serie televisive, le autrici, le attrici che hanno fatto e stanno facendo la storia del cinema e della tv.
***
"Metà" si fa per dire: se in Concorso i film diretti da donne sono in netta minoranza, va meglio nelle altre sezioni del Festival, da dove abbiamo scelto dieci titoli per altrettante autrici, tra conferme e registe esordienti da tenere d’occhio.
Il Festival di Cannes si appresta a concludere la sua 75ª edizione: sabato 28 maggio sarà annunciato il palmarès. L’anno scorso in Croisette si celebrava il trionfo di Julia Ducournau e del suo Titane: quest’anno come è la situazione delle donne dietro la macchina da presa? Solo cinque quelle nel prestigioso Concorso, mentre scriviamo ancora quasi tutte non presentate alla stampa: sono Valeria Bruni Tedeschi con l’autobiografico Les Amandiers; Claire Denis con Stars at Noon; Léonor Serraille con Un petit frère e Kelly Reichardt con Showing Up, mentre Charlotte Vandermeersch, in coppia col marito Felix Van Groeningen, ha diretto Le otto montagne. Abbiamo esplorato, allora, le altre sezioni, più equilibrate nelle proporzioni e non parche di sorprese e di conferme interessanti da parte di registe esordienti o affermate. Ed ecco la nostra decina al femminile di metà festival.
Corsage di Marie Kreutzer - Un certain regard
Il corsetto del titolo è quello che soffoca e definisce la vita (la vita in tutti i sensi) di Elizabeth, alias la principessa Sissi: Kreutzer lavora programmaticamente sulla decostruzione del mito dell’imperatrice dalla chioma da fiaba, resa figura disneyana dai film con Romy Schneider, strappando trine e ricami per far emergere il dolore, la paura, la donna dietro l’icona. Giunta a quarant’anni, schiacciata dalla propria immagine pubblica e dai pettegolezzi, tradita dal consorte che si trova un’amante appena diciottenne, Sissi soffoca nei lacci del corsetto e del ruolo impossibile che deve occupare, quello di simbolo inerte, di moglie e sovrana perfetta ma inutile, decorativa e incastrata in regole di condotta che condannano la sua libertà. Ci sono echi di Spencer (soprattutto nel rapporto col cibo e col peso, destino di ogni regina nella gabbia dorata), di Marie Antoinette e del meno ricordato La duchessa, in questa biografia che gioca con gli anacronismi di una donna modernissima; il film è interamente sulle spalle della monumentale performance di Vicky Krieps, che una treccia alla volta, laccio dopo laccio, si spoglia della percezione altrui per riconquistare se stessa.
Plus que jamais di Emily Atef - Un certain regard
E sempre Vicky Krieps, tra le vere regine di questa edizione di Cannes, si dà anima e corpo a un’altra performance totale nel mélo di Emily Atef (già autrice del biopic su Romy Schneider 3 jours à Quiberon), ritratto di una giovane donna minata da una rara sindrome polmonare incurabile. Davanti alla possibilità, rischiosa, di un trapianto e alla premurosa ma assillante empatia del compagno (il compianto Gaspard Ulliel alla sua ultima, postuma interpretazione: magnifico, come sempre, in ogni silenzio e in ogni sguardo), la protagonista sguscia via dalla sua vita e trova uno spazio per sé in un angolo remoto della Norvegia, stringendo amicizia con un uomo più maturo che, come lei, sa cosa significhi la malattia. Pur con qualche lungaggine, il film cerca di schivare i luoghi comuni sulla rappresentazione della malattia aggrappandosi saldamente al corpo della sua protagonista, alla sua fatica ma anche alla sua vitalità e soprattutto al suo desiderio, fino a un’ultima, lunghissima e realistica scena di sesso girata a fior di pelle.
Rodéo di Lola Quivoron - Un certain regard
Esordio impressionante quello della parigina Quivoron, classe 1989, che ci scaraventa sulle piste di motociclismo della banlieue e nella vita della giovane Julia, nome di guerra “l’Inconnue” (la Sconosciuta), centaura vagabonda dalla scorza durissima e con un pistone al centro del cuore. Ladra di moto per puro amore della velocità, la protagonista divora l’asfalto finché la sua abilità nel soffiare bolidi ai ricchi non attira l’attenzione di un boss locale: come un’audardiana profeta, Julia si fa strada in un mondo ostile e maschilista, il suo corpo sensuale, androgino e “metallofilo” un elemento alieno in ambito ultra virile come quello di Titane, dando vita a un romanzo di formazione criminale dall’energia dirompente (anche grazie alla prova spaccaschermo dell’esordiente assoluta Julie Ledru), il ritratto di un’altra giovane in fiamme scritto con grande intelligenza e occhio ai generi, che nella cruciale sottotrama del legame tra la ragazza e la moglie del boss diventa quasi uno struggente Drive al femminile.
The Silent Twins di Agnieszka Smoczyńska - Un certain regard
La storia, tratta dall’omonimo libro di Marjorie Wallace, è quella vera delle sorelle Gibbons, June e Jennifer, cresciute nel Galles degli anni 70 e 80 nell’unica famiglia nera (di origine caraibica) nel raggio di chilometri, e unite sin dall’infanzia, per sfuggire a una realtà ostile, da un patto inscalfibile che permetteva alle gemelle di parlare soltanto tra di loro, senza poter comunicare con alcun altro essere vivente. Nella mani della regista polacca di The Lure la loro vicenda di alienazione prende i contorni di una fiaba horror tenera e allucinata, dove i tanti racconti scritti negli anni dalle Gibbons danno vita a intermezzi animati perturbanti e informano i testi della colonna sonora. Emarginazione, razzismo e maschilismo strisciano ai bordi di una storia che pare sfiorare costantemente il sovrannaturale, in cui brillano le performance delle interpreti delle gemelle adulte, le straordinarie Letitia Wright e Tamara Lawrance.
Marcel! di Jasmine Trinca - Fuori concorso
Dopo vent’anni davanti alla macchina da presa, Trinca esordisce come regista, con una fiaba surreale dai toni amari: protagonista, in una Roma anni 80 stilizzata e malinconica, una bimba orfana di padre, che cresce con la nonna mentre la madre, artista di strada, le nega l’affetto che invece elargisce all’amatissimo cagnetto Marcel, suo partner nel numero di clownerie/teatrodanza. Teneramente sgangherato, affidato allo sguardo bambino della sua piccola protagonista, l’esordio di Trinca insegue fantasticherie cinefile (e cinofile) dando ad Alba Rohrwacher un ruolo di madre snaturata quasi cartoonesca, e riporta in vita frammenti di un’epoca (Al Bano e Romina fanno capolino per cantare Ci sarà) tra nostalgia e caricatura.
Les années super 8 di Annie Ernaux, David Ernaux-Briot - Quinzaine des réalisateurs
Ottantunenne, la grande scrittrice francese debutta alla regia (affiancata dal figlio David) con un progetto in commovente continuità con la sua opera letteraria: la sua voce narrante accompagna e dà senso alle immagini degli home movie in Super8 girati (quasi tutti dall’ex marito Philippe Ernaux) tra il 1972 e il 1981, usando i filmini come punto di partenza per il suo usuale flusso di coscienza autoriflessivo. Tra feste di Natale e viaggi in Europa, una visita in Cile e una settimana bianca, la banalità struggente della vita quotidiana si accende di memoria e significati mentre la voce di Ernaux intesse le immagini con il suo privato, con la sua, all’epoca, nascente carriera di scrittrice (il film termina con la pubblicazione di La donna gelata), con pagine di storia francese e mondiale, con le suggestioni cinematografiche (Rohmer, Tanner) che i luoghi innescano. Il titolo gioca con quello di uno dei suoi capolavori, Gli anni, evocandone dunque una versione filmata, e proprio come in quel libro il racconto di sé partiva da alcune fotografie, qui sono le immagini in movimento a cullare l’autrice in un monologo interiore che rimette in ordine le cose della vita.
Un beau matin di Mia Hansen-Løve - Quinzaine des réalisateurs
A meno di un anno di distanza da Sull’isola di Bergman, la regista francese torna a Cannes, questa volta nella sezione collaterale della Quinzaine, con uno dei suoi film migliori. Interpretato da un’altra regina della Croisette, Léa Seydoux (co-protagonista anche del film di Cronenberg in Concorso, Crimes of the Future), il film ritrae una giovane donna sull’orlo di una quieta crisi esistenziale: vedova e madre single, nella sua vita deve barcamenarsi tra la figlioletta, un padre affetto da malattia neurodegenerativa, una mamma militante e svagata e un vecchio amico (Melvil Poupaud, a Cannes anche in Frère et soeur di Desplechin) che, imprevedibilmente, diventa un amore da vivere in clandestinità. Scritto con arguzia e sensibilità, denso di dialoghi svelti e ironici, il ritorno a Parigi di Hansen-Løve (dopo le trasferte di Maya e del succitato Bergman) è ispirato e luminoso, diretto con mano sicura e come sempre attentissima alle geometrie rohmeriane degli affetti e costellato di case/uffici/stanze che si fanno estensione dei caratteri. Una commedia sentimentale che è anche un piccolo manuale di sopravvivenza.
God’s Creatures di Anna Rose Holmer, Saela Davis - Quinzaine des réalisateurs
Sono passati sette anni dal folgorante esordio di Holmer, The Fits, che con l’opera seconda (firmata insieme alla sua montatrice) cambia bruscamente registro, genere e location spostandosi nella ventosa Irlanda e in una piccola comunità di pescatori incastrata nelle maglie di tradizioni arcaiche, come quella, grottesca, di non insegnare a nuotare ai propri figli maschi, in modo che non venga loro in mente di tuffarsi per salvare i colleghi pescatori. È proprio con il lutto di un ragazzo morto annegato, dunque, che il film si apre, subito nel segno di un rapporto madre-figlio interrotto, come interrotto, ma non dalla morte, è quello tra la protagonista Emily Watson e il figlio Paul Mescal, emigrato in Australia e di ritorno al paese natio dopo anni. Costruito sui non detti nella relazione tra la donna e il ragazzo, il film di Holmer e Davis ha una scrittura stratificata che si fa più acuta quando affronta il tema della violenza sessuale e dell’ardua decisione, per la madre, di scegliere se credere al figlio che si dichiara innocente o alla ragazza che si dichiara vittima. Una messa in scena efficace, seppure schematica, dei rapporti di forza tra i sessi.
Tout le monde aime Jeanne di Céline Devaux - Semaine de la critique
Premiata a Venezia per il bellissimo cortometraggio Gros chagrin, l’animatrice e regista francese debutta nel lungometraggio con un film lieve come spuma di mare, agrodolce e divertentissimo. La Jeanne del titolo è la splendida comica d’oltralpe Blanche Gardin, dotata di verve cinica irresistibile, nei panni di una donna reduce da un clamoroso fallimento professionale che, sull’orlo della bancarotta, è costretta a vendere l’appartamento di Lisbona della madre morta suicida. La trasferta portoghese si rivela per la donna un percorso di rinascita esistenziale costellato di incontri tragicomici e contrappuntato dagli spassosi inserti animati della “coscienza” di Jeanne, una creaturina dalla chioma lunga fino ai piedi (come il cugino Itt della famiglia Addams) che fa capolino a rompere la tensione e sconfessare le ipocrisie, un po’ come gli sguardi in macchina di Fleabag. Una commedia brillante e intelligente, che ha il pregio di mettere al centro un ruolo femminile felicemente atipico e allergico ai cliché.
How to Save a Dead Friend di Marusya Syroechkovskaya - ACID
Il titolo ossimorico esprime già bene lo spirito della notevole opera prima di questa regista russa, presentata nella sezione collaterale cannense destinata al cinema indipendente e fuori formato. Il film si apre sul funerale di Kimi, quell’amico non salvato che ha, però, a sua volta salvato la regista Marusya, a sedici anni determinata a togliersi la vita e travolta sulla via dal legame rivitalizzante con il coetaneo. Il documentario assembla con amore e pudore anni di filmini privati, a intessere un percorso costellato di cadute e risalite, di tossicodipendenza, di depressione e di mancanza di orizzonte, in un prodotto di auto-non-fiction coraggioso e mosso dall’urgenza, un ritratto della “Russia depressa” che oggi risuona in modo differente. ILARIA FEOLE
Ci teniamo molto, , che tu ti registri alla nostra community. Si tratta di un posto davvero speciale che, dopo aver fatto un lungo giro (è stata anche di Mondadori), è tornata in gestione al settimanale FilmTv dal 1° gennaio di quest’anno.
Se non ci sei mai capitato, se per caso ancora non la conosci o magari non hai mai pensato di registrarti e parteciparvi, sappi che FilmTv.it è un luogo davvero speciale, dove gli appassionati di cinema e serie possono fare moltissime cose.
Te le racconteremo un po’ per volta ma ce ne sono un paio che ti vogliamo introdurre già oggi perché, visto che sei iscritto a questa newsletter, pensiamo che, con tutte le serie e i film di cui ti abbiamo parlato, potresti aver voglia di avere un posto in cui tenere traccia di quel che vedi e che hai visto in passato. Su FilmTv.it i voti degli utenti come te sono molto utili non solo per chi vota, proprio per tenere sotto controllo quel si guarda, ma anche perché offrono delle valide indicazioni aggregate agli altri visitatori.
E se poi ti dovessero prudere le mani, e questa è la seconda cosa poi basta, e dovesse venirti voglia di scrivere anche un tuo commento o una vera e propria recensione alle serie e ai film che hai visto, sappi che nell’arco di qualche settimana una pagina del settimanale Film Tv sarà dedicata proprio alla pubblicazione delle recensioni che vengono postate nella community. Puoi registrarti qui. Ti aspettiamo.
In sala dal 26 maggio c’è il vincitore dell’Orso d’oro 2022, Alcarràs - L'ultimo raccolto di Carla Simón: sul numero di Film Tv in edicola trovate un’intervista alla regista catalana firmata da Fiaba Di Martino. Qui vi proponiamo invece la recensione del film di Mariuccia Ciotta.
Alcarràs - L'ultimo raccolto
Alcarràs, Catalogna. Piatte e succose le pesche tabacchiere coltivate dalla famiglia Solé in un territorio ricevuto in usufrutto dal proprietario, che, nascosto dai contadini in epoca franchista, lo ha concesso come segno di gratitudine. Racconto autobiografico della giovane Carla Simón, Orso d’oro 2022, beniamina della Berlinale, che nel 2017 ne aveva selezionato l’esordio Estate 1993, sulla sua infanzia da orfana, nella sezione Generation. Ricordi di momenti vissuti tra i filari verdi, in un’antica fattoria popolata da una numerosa tribù alle prese con l’avidità della grande distribuzione. «Vogliamo il prezzo giusto» urlano centinaia di coltivatori catalani lanciando le pesche contro i muri. Non sono le “antiche tradizioni” vs la modernità, ma l’agricoltura (mondiale) che non riesce più a sostenere i costi di produzione e il lavoro di raccolta. E ci si mettono pure gli insaziabili conigli selvatici presi a fucilate dai ragazzi Solé, una miriade di bambini e adolescenti. Intanto, distruggono le coltivazioni i pannelli solari installati cinicamente dall’erede dell’antico benefattore. Alberi sradicati dalle ruspe in nome della “conversione energetica”. Ecologia contro Natura. La regista di Barcellona dirige attori non professionisti nei tempi lenti di un home movie, un cinema del reale che perde la magia di Alice Rohrwacher e del suo Le meraviglie, memorie di un padre apicoltore nella campagna umbra. E preferisce pedinare i protagonisti, l’attesa, la rabbia e la rassegnazione, una vita che diffonde il suo fascino malinconico nella contemplazione della realtà.
MARIUCCIA CIOTTA
Va in onda il 29 maggio su Rai1, e sarà poi disponibile su RaiPlay, il documentario Hotel Sarajevo, firmato dalla ex scream queen italiana, Barbara Cupisti, da tempo passata dietro la macchina da presa: il doc mette a confronto tre generazioni alle prese con ricordi e conseguenze della guerra in Bosnia-Erzegovina.
Al via a Palermo il 30 maggio, fino al 5 giugno, il Sicilia Queer Filmfest, con un concorso dedicato alle Nuove visioni e una sezione cortometraggi dominata dalle presenze femminili dietro la macchina da presa. La sigla del festival è firmata dalla regista francese Marie Losier.
Su ArteTv è disponibile, in streaming gratuito, il primo lungometraggio della pioniera del cinema ceco Věra Chytilová, Something Different, doppio ritratto femminile, tra fiction e documentario, di una casalinga e di una ginnasta.
Ci vediamo la settimana prossima con un nuovo numero di Singolare, femminile! Se ci vuoi segnalare qualcosa oppure semplicemente lasciare un messaggio relativo a questa newsletter, puoi scriverci all'indirizzo info@filmtv.press.
Se Singolare, femminile ti è piaciuta, inoltra la mail a qualcuno che possa essere interessato, è facile, ci si iscrive a questo indirizzo. Qui invece c'è tutto l'archivio della newsletter. Ciao!