Singolare, femminile ♀ #187: L’imperatrice (è) Furiosa
Ritratto di Charlize Theron alle soglie del suo 50° compleanno: una diva cangiante, sempre attiva sul confine tra mainstream e scelte coraggiose, di cui proviamo a tracciare la traiettoria dall’Oscar per Monster al nuovo capitolo di The Old Guard.
Tornata alla ribalta in queste settimane per il lancio del fantasy The Old Guard 2 su Netflix, e per le sue dichiarazioni sul sesso e sulle app di dating (ci torniamo tra pochissimo), Charlize Theron tra pochi giorni, precisamente il 7 agosto, compirà 50 anni, una soglia fatidica per le attrici hollywoodiane, oltre la quale diventa esponenzialmente meno probabile ottenere ruoli da protagonista e partecipare a progetti che non releghino le interpreti, anche di serie A, in cliché femminili abusati e logori. Ma la carriera della diva sudafricana è già da tempo assai emblematica di certi radicati meccanismi del sistema dell'industria audiovisiva: accanto al simbolico compleanno dei 50, Theron celebra quest'anno anche i 30 anni dalla messa in onda dell'ormai mitico spot del Martini, fulmineo triangolo amoroso in bianco e nero entrato nell'immaginario collettivo (ve lo ricordate: è quel piccolo manuale di male gaze anni 90 in cui un filo del suo mini abito resta impigliato nella sedia, sfilacciando il vestito a ogni suo passo e lasciando dunque progressivamente esposto il suo fondoschiena, a fine spot provvidenzialmente oscurato dal marchio Martini) e girato a Santa Margherita Ligure. In Italia Charlize si era trasferita nel 1991, quando appena sedicenne lasciò il Sudafrica per tentare la carriera da modella a Milano; nello stesso anno aveva vissuto una tragedia familiare da cronaca nera, quando sua madre fu costretta a uccidere per legittima difesa suo padre, che ubriaco e armato stava minacciando entrambe le donne. Neanche due lustri dopo, a soli 28 anni e dopo essersi definitivamente ricollocata a Los Angeles (oltre alla cittadinanza sudafricana ha ora anche quella statunitense), Theron esordiva nelle inedite vesti di produttrice per Monster, nel ruolo che le è valso Oscar e Golden Globe, quello della prostituta e serial killer Aileen Wuornos, per il quale notoriamente trasformò il suo aspetto grazie a trucco e protesi, nel classico procedimento di "imbruttimento" che spesso fa ottenere premi alle dive con fisici e volti da top model.
Le erano bastati dieci anni di carriera sul grande schermo per accorgersi di essere troppo bella per esser presa sul serio, ed ecco arrivare il make up e la trasformazione fisica come biglietto da visita per accedere al cinema "che conta”. Arriva infatti nel 2005 l'altrettanto impegnato North Country - La storia di Josey (con annessa nomination all’Oscar; la terza seguirà 15 anni dopo per Bombshell). Non è bastato, evidentemente, se solo l'anno dopo Theron era già in sala col flop action/sci-fi Æon Flux, e per i vent’anni a seguire si è spaccata denti, piedi e spalle in una miriade di stunt sul set di altrettanti film d'azione, sino ad arrivare alla saga per streaming di The Old Guard, pressoché unanimemente stroncata dalla critica.
Riassumendo: la modella diventa giovane attrice relegata a spalla decorativa o interesse romantico, allora si reinventa brutta e mostruosa per vincere un Oscar e farsi notare dal cinema d'autore, ma per restare rilevante a 50 anni le tocca ancora produrre a sue spese franchise mediocri per piattaforma, dove si aggrappa agli elicotteri senza controfigura come Tom Cruise. Certo, è legittimo che Theron abbia voglia e diritto di fare tutti i generi che le vengono in mente, e non necessariamente la sua partecipazione a The Old Guard (dove fra l'altro milita anche un esponente fisso del cinema "impegnato" come Luca Marinelli) significa declino; le ragazze vogliono divertirsi, come ha sottolineato Theron anche parlando della sua attivissima vita sessuale da single, nella partecipazione al podcast Call Her Daddy di Alex Cooper, rivendicando il diritto all'orgasmo, la gioia di fare sesso con partner più giovani di lei, e il tedio che le provocano le boriose biografie maschili sui profili delle app di dating. Una presa di posizione estremamente condivisibile e onesta che molti media hanno rilanciato guardando solo al lato pruriginoso, mentre anche in questa conversazione Theron tentava soprattutto di rompere luoghi comuni sulla vita delle donne dopo gli -anta.
Al netto del diritto al divertimento senza impegno e degli stunt eseguiti in prima persona negli Old Guard, è inevitabile però notare lo scarto di qualità tra questa saga e altre prove adrenaliniche della titanica Charlize, dal clamoroso Mad Max: Fury Road, dove ha marchiato a fuoco lo schermo con la sua incandescente Furiosa (che però non ha proseguito la sua cavalcata al cinema, dove si è preferito un - comunque ottimo - prequel, con Anya Taylor Joy nei panni del personaggio da giovane), al memorabile e spassoso Atomica bionda di David Leitch, che avrebbe benissimo potuto dar vita a un franchise tutto suo in stile John Wick, con cui condivide il co-creatore, e invece… Possibile che Hollywood non riesca a fare di meglio? Nelle tante interviste rilasciate in concomitanza con l'uscita di The Old Guard 2, Theron non ha perso l'occasione per sottolineare alcune di queste storture: «Per le donne è più difficile» ha dichiarato al "New York Times" (in un dialogo a confronto con Uma Thurman, anche lei nel cast del nuovo film, e anche lei, a 55 anni, un altro caso di studio su cui ci ripromettiamo di tornare). «È un fatto noto che i film d'azione con protagoniste donne non ottengono il via libera tanto quanto quelli con eroi maschili. Quello che trovo frustrante è che agli uomini viene sempre concesso uno sconto, mentre quando sono le donne a darsi all'action, e magari il film non è un successo totale al box office, non è detto che venga data loro una seconda occasione. Non è il tipo di rischio che gli studios sono disposti a correre, eppure lo corrono più e più volte con protagonisti maschili che magari hanno già una sfilza di action dai risultati non eccellenti». Tutto vero, e ne abbiamo parlato altre volte anche in questa sede: a dispetto del diffuso (anche tra gli addetti ai lavori) luogo comune sulla presunta egemonia delle eroine e dei personaggi femminili principali al cinema e nelle serie, l'accesso al campo da gioco dei "big" continua a essere molto più difficile per le donne, davanti e dietro alla macchina da presa, e ottenere una seconda opportunità dopo un flop è molto più raro di quanto sia per i colleghi maschi. In questo senso, un esempio emblematico lo offre proprio la regista di questo The Old Guard 2, Victoria Mahoney, che nel 2019 è stata regista di seconda unità per L'ascesa di Skywalker, diventando così la prima donna in assoluto a dirigere alcunché nella saga cinematografica di Star Wars, salvo poi venire rimpiazzata da Joe Carnahan alla regia dell'action Shadow Force (con Kerry Washington e Omar Sy: il film è stato a sua volta un flop, ma questa è un'altra storia).
Come dicevamo, Charlize Theron ha fondato già nel 2003 la sua casa di produzione, Denver and Delilah Productions (i nomi sono quelli dei suoi due cani di allora; ne abbiamo parlato anche nel n. 120 della newsletter), anche per avere più autonomia e più libertà nella scelta dei ruoli, e non finire sempre invischiata nei cliché da diva over 40 (il che non significa essere relegata per forza ai ruoli da madre o da zia: un altro buon esempio di tappa obbligatoria per le attrici sono i classici ruoli ieratici e un po’ ingessati da sovrana/fattucchiera, prestigiosi quanto prevedibili, e Charlize in questo senso è già stata la regina cattiva in Biancaneve e il cacciatore e sequel, e sarà Circe nell'Odissea di Nolan…). Così, dopo Monster, ha prodotto per esempio il notevole dittico di titoli di Jason Reitman che la vedono protagonista nei panni di personaggi femminili decisamente spigolosi e poco visti sullo schermo, mostruosi pure loro ma in modo diverso, perché devianti da una norma consolidata di narrazione: ovvero la disperata e immatura narcisista di Young Adult (per chi scrive, una delle sue prove migliori, capace di sfoderare una gamma caustica e incrudelita davvero inedita) e la madre sfinita di un terzo (e non programmato) pargolo in Tully, altro ruolo che apre alle zone d'ombra del racconto della maternità.
Porta il suo marchio come produttrice anche l'ottimo Non succede, ma se succede… di Jonathan Levine, una delle migliori e più sottovalutate commedie romantiche degli ultimi dieci anni, in cui Theron si sbizzarrisce in una finora pochissimo frequentata gamma comica al fianco di Seth Rogen, anche qui svelando col suo personaggio la plausibile normalità e goffaggine di una donna di potere (nel film interpreta la Segretaria di Stato degli Usa, ossia tecnicamente la ministra degli esteri), troppo spesso raccontata da film e serie come un monolite algido costretto a mascolinizzarsi per adempiere al ruolo. E come produttrice (oltre a diversi titoli che non la vedono coinvolta come attrice: un esempio su tutti, l'ottima serie Netflix Mindhunter, con firma di David Fincher) ha firmato anche Bombshell di Jay Roach, vero e proprio manifesto dell'era #MeToo in cui interpreta Megyn Kelly, la giornalista che nel 2017 fece esplodere lo scandalo del sessismo e delle molestie all'interno di Fox News. Un ruolo emblematico per una carriera che pare oscillare continuamente tra le più ovvie e le più scomode delle scelte, facendosi cartina al tornasole della difficoltà per un'attrice dotata di sovrumana bellezza canonica (Theron è stata per 25 anni testimonial di Dior, negli spot delle cui fragranze appariva sostanzialmente come una dea ricoperta d'oro) di svincolarsi da certi persistenti schemi di rappresentazione del femminile, in una sorta di slalom perenne tra aspettative sociali sul corpo delle donne, sessismo sistemico degli studios e scarsa propensione delle major a rischiare su un mercato che pretende incassi tonitruanti. Come sarà la carriera di Charlize post 50° compleanno? Le auguriamo di aggrapparsi ancora a tutti gli elicotteri che vuole, e di potersi finalmente cancellare dalle app di dating, ma soprattutto di poter ancora esplorare angoli meno visti e raccontati del femminile, come ha già dato prova di saper fare in modo eccellente. ILARIA FEOLE
Una commedia romantica per il nuovo millennio? Per noi è Non succede, ma se succede…, dove Charlize Theron brilla al fianco di Seth Rogen nella più improbabile e tenera delle coppie da grande schermo. Vi riproponiamo la recensione da Film Tv n. 41/2019.
Non succede, ma se succede…
Un po’ come la storia d’amore tra la bellissima segretaria di stato Charlotte Field e lo strafumato giornalista liberal Fred Flarsky, anche Non succede, ma se succede... è qualcosa di completamente implausibile che si rivela vincente. Diretto dal discontinuo Jonathan Levine, è più che altro un film di Seth Rogen (e del sodale Evan Goldberg, co-produttore), apatowiano nello spirito: come in un sequel di Molto incinta, la coppia è allegramente sbilanciata, col goffissimo protagonista che si ritrova al seguito della donna più potente d’America, per farle da spin doctor nella corsa alla Casa bianca. La chimica tra i protagonisti è disarmante, come sempre accade quando gli autori si industriano a “umanizzare” la magnifica, sempre più brava Charlize Theron, e i comprimari esilaranti: da Bob Odenkirk (presidente Usa eletto solo perché interpretava lo stesso ruolo in una serie tv) a Andy Serkis (non lo riconoscerete, forse, perché ha deciso di sua iniziativa di coprirsi di trucco prostetico elaboratissimo), passando per Alexander Skarsgård (fantastico nei panni di uno pseudo Trudeau dalla risata orrenda). Infarcito di citazioni pop (la missione di Fred è rendere più “smart” la figura di Charlotte), in bilico tra lo stoner movie e la satira (che sfiora la fantapolitica, miscelando House of Cards con Veep), il film non controlla la sua schizofrenia (il copione di Dan Sterling, quello di The Interview, è stato revisionato dalla Liz Hannah di The Post), anzi vi si abbandona con incoscienza. Dando vita a una commedia romantica che non si balocca né col #MeToo né col gender swap, e che qualche cliché, invece, lo abbatte davvero. ILARIA FEOLE
Annunciato il programma del Locarno Film Festival 2025, dal 6 al 16 agosto, uno dei più attenti negli ultimi anni alla rappresentanza delle registe: tra le tante presenti nelle varie sezioni, segnaliamo le italiane Valentina e Nicole Bertani con Le bambine (Valentina Bertani ha firmato l’ottimo documentario La timidezza delle chiome); del festival vi riparleremo prossimamente.
Domani, il 10 luglio, arriva su Netflix la nuova serie firmata da Lena Dunham, Too Much: ne riparleremo, ma intanto vi consigliamo di guardare l’episodio del Criterion Closet in cui l’autrice di Girls è chiamata a scegliere i titoli cinematografici più rilevanti per la sua formazione.
Una chicca estiva: è su YouTube integralmente il curioso film animato Everybody Rides the Carousel, che mette in immagini le teorie dello psicoanalista tedesco Erik H. Erikson sullo sviluppo dell’identità nella vita umana: tra le voci del doppiaggio c’è la grande Meryl Streep, al suo primo ruolo in assoluto nella carriera.