Singolare, femminile ♀ #090: La stoffa giusta
L'abito non fa il monaco: vale per tutti, tranne che per La fantastica signora Maisel, la cui stagione finale parte su Prime Video il 14 aprile. Abbiamo incontrato la costumista della serie Donna Zakowska, che con i suoi incredibili abiti ha vestito un universo d'epoca e scolpito un personaggio femminile cangiante e indimenticabile. Tits up!
Il circo, la New York di Woody Allen, le marionette, Mick Jagger, uomini e donne del Settecento. Sono alcune delle "cose" e delle persone che Donna Zakowska, straordinaria costumista newyorkese, ha vestito con la sua arte prima di approdare sul fatidico set di La fantastica signora Maisel, la serie che per cinque stagioni - la quinta, e conclusiva, si avvia il 14 aprile su Prime Video con i primi tre episodi: preparatevi a dire addio a Midge & Co. - ha fatto risplendere sul piccolo schermo il genio creativo di questa artista grazie al guardaroba sterminato e coloratissimo della marvelous Mrs Maisel.
Nata a Brooklyn nel 1954 da padre polacco e madre italiana, Zakowska ha studiato e lavorato tra gli Usa e la Francia e collabora da sempre col marito Roman Paska, performance artist e marionettista attivo, come lei, da un lato e dall'altro dell'Atlantico, nonché collaboratore abituale di John Turturro (per il quale Donna ha firmato le scenografie di Romance & Cigarettes). Al grande schermo è approdata per la prima volta nel 1987, come assistente costumista sul set di Radio Days di Woody Allen, con cui ha poi lavorato anche in New York Stories, Crimini e misfatti, Alice e Ombre e nebbia; ma è sul piccolo schermo che la sua arte ha ricevuto finora i maggiori riconoscimenti. Specializzata in costumi del Settecento, per il suo lavoro sulla miniserie HBO John Adams ha vinto nel 2009 il primo Emmy; poi, nel 2017, l'incontro cruciale con un'anima affine: Amy Sherman-Palladino, che le ha dato l'onore e l'onere di vestire Midge Maisel (oltre a una impressionante quantità di comprimari e comparse: il conteggio finale, ci dice Zakowska, è di 38 mila persone), ovvero letteralmente di dare vita a uno dei personaggi femminili più importanti e memorabili dell'ultimo decennio di serialità. Per la signora Maisel vestiti e accessori non sono solo complementi: ogni cappello, ogni cappotto, ogni indumento ha un senso e una finalità nella vita e nella carriera di Midge, e realizzare pezzo per pezzo quel guardaroba ha fatto di Donna Zakowska, per molti versi, una co-autrice del personaggio, in una simbiosi alchemica con la creatrice della serie.
Un lavoro maestoso e imponente, che oltre a fruttarle il secondo Emmy ha fatto arrivare due delle sue creazioni allo Smithsonian, il museo di Storia americana di Washington (i costumi in questione sono la camicia da notte dell'episodio pilota e l'abito nero della prima performance ufficiale di Midge alla fine della prima stagione), e che Zakowska ha raccontato nell'imprescindibile volume Madly Marvelous: The Costumes of the Marvelous Mrs. Maisel, 300 pagine (edite dall'americana Abrams; una versione italiana non è ancora disponibile) di bozzetti, foto e dietro le quinte dal set della serie.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Zakowska, artista di grande cultura, eclettica e curiosa, in occasione del convegno che il DAMSLab di Bologna le ha dedicato.
I costumi di Midge sono talmente importanti nella struttura della serie che molto spesso sono nominati già nella sceneggiatura degli episodi: ci sono dialoghi e intere scene basate sulla scelta di Mrs. Maisel dei propri outfit. Immagino quindi che il processo di creazione dei costumi sia differente rispetto a quello di un film o di una serie "normale".
Devo dire che tra me e i Palladino, soprattutto Amy, c'è una grandissima sincronia. Ed è stato molto importante per le modalità di lavorazione della serie, perché capitava che io avessi i copioni pochissimi giorni prima di cominciare la produzione, perciò ovviamente dovevo iniziare a disegnare i costumi prima di aver letto le pagine, immaginando cosa Midge avrebbe fatto... e nell'80% dei casi si rivelavano essere disegni utilizzabili! Io e Amy abbiamo lo stesso desiderio di parlare di New York, la New York degli anni 50, di come era diversa la città. La New York anni 50 non è esattamente la stessa cosa dell'America anni 50, c'era una grande influenza della moda europea in città: non ci sono gonne a palloncino e code di cavallo, qui! Anche prima di parlare con Amy avevo delle ispirazioni precise: una era il colore rosa, per il quale non ho mai nemmeno nutrito una grande passione, ma mi piaceva l'idea di un mondo visto con le lenti rosa.
In qualche modo le sensazioni che avevo su questo personaggio si sono rivelate in enorme sintonia con quelle di Amy, anche se io e lei non ci conoscevamo ancora: è venuto tutto naturalmente, l'importanza del colore è qualcosa che abbiamo condiviso - il colore è sempre importante per me, ma in questa serie ha un valore simbolico ancor più spiccato, e da lì in poi è stato tutto in discesa. Credo che una cosa fondamentale per la simbiosi tra me e Amy sia il fatto che entrambe veniamo dal mondo della danza: abbiamo lo stesso senso del ritmo, dell'energia, qualcosa di estremamente specifico che abbiamo voluto applicare a Midge e alla sua storia. E per raccontarla ho usato certamente i colori, in modo più rilevante e massiccio di quanto mi sia mai capitato per un film o una serie. Quella di Mrs. Maisel è una realtà un po' magica, un universo non sempre completamente realistico; ma è molto realistico dal punto di vista emotivo. Diciamo che Midge crea la sua realtà, quindi la serie è al contempo reale e irreale; il suo percorso sentimentale è indubbiamente reale ed è ciò che i costumi seguono. Anche Rachel Brosnahan è stata molto aperta a questo tipo di lavoro, insieme abbiamo raccontato un personaggio in modo davvero peculiare. E questa sintonia è avvenuta anche con lo scenografo (Bill Groom, ndr), pur non essendoci effettivamente parlati tanto, perché lui non ama molto parlare: ma avevamo la stessa sensibilità verso il colore.
In cinque stagioni Midge evolve e cresce, mentre intorno a lei passano gli anni e le mode: un arco narrativo molto ampio, anche dal punto di vista dei costumi.
Non avevo mai creato così tanti costumi per un singolo personaggio! Quando abbiamo chiuso l'ultima annata, mi sono guardata indietro ed è un po' come guardare un arcobaleno, un vero e proprio paesaggio emotivo di Midge Maisel; i costumi, in questa serie, sono anche una sorta di riflessione sul suo personaggio. Credo che come costumista cominci a vivere il personaggio, in un certo senso: ti chiedi "cosa farebbe Midge?", "che tipo di momento è questo per lei?". Abbiamo avuto l'opportunità di mettere in scena un percorso, dall'idea di come una donna "dovrebbe essere", fino all'identità più autentica, nel bene e nel male, che sceglie per sé. Credo che il successo che Midge ottiene presso il pubblico, nella serie, abbia a che fare col suo diventare un'icona. E quei vestiti sono stati importantissimi anche per Rachel: mi dice sempre che quando si infila il cappello diventa Midge.
E abbiamo lavorato davvero in stretta connessione - io, Amy, Rachel - per dare vita al viaggio di Mrs. Maisel. Abbiamo fatto tantissime prove costume, c'erano disegni ovunque appesi in camerino e nel dietro le quinte, perché non c'era concretamente molto tempo per parlarne prima delle riprese. Rachel entrava nella stanza e le spiegavo cosa avevo pensato, le mostravo i disegni, e anche qui mi sento di dire che abbiamo trovato una grande armonia. La prova costume era soprattutto un processo di creazione dell'abito per Rachel, perché le stesse a pennello: tutto il resto era stato già deciso prima, le scelte dei colori e tutto il resto sono cose che sceglievo io, ovviamente prima di arrivare alla fase di riprese. I tempi della televisione sono molto veloci, e realizzare tutti questi costumi in una serie streaming è una cosa davvero ambiziosa: una volta che il treno lascia la stazione, non si ferma più!
Uno dei segni più evidenti dell’evoluzione di Midge è quella dagli abiti colorati della sua vita di casalinga ai vestiti neri che spesso indossa quando si esibisce sul palcoscenico.
Di recente parlavo con Rachel del fatto che una cosa interessante di questo lavoro è che quando abbiamo iniziato lei aveva 26 anni; lei pure è letteralmente maturata, come donna, nel corso della serie. E questa evoluzione è stata segnata anche dai costumi. Amy aveva già in mente l'immagine dell'abito nero, e delle perle, per la fine della prima stagione, quindi io ho saputo fin dall'inizio che quello era il punto d'arrivo della prima annata. E poi l'abito nero è diventato una sorta di uniforme per le sue esibizioni sul palco, la più importante delle uniformi di Midge, con poche variazioni sul tema: solo dalla stagione 3 in poi abbiamo iniziato a inserire un po' di colore in questa mise; magari una frangia, o una piuma rosa.
E ho sempre cercato di usare pochissimo il nero per gli altri personaggi; la moda americana dell'epoca era molto colorata, rispecchiava l'ottimismo di una nazione dopo la guerra, era un periodo davvero esaltante, che ha ridefinito la moda femminile. Diverso il discorso per la gente del centro città, un po' beatnik, e infatti in parte viene da lì il nero, dall'immagine della Midge che si addentra nei club del centro, e poi è diventata una vera e propria parte del personaggio. Per Amy un riferimento importante erano anche le prime apparizioni di Joan Rivers, che in quegli anni spesso vestiva l'abito nero e la collana di perle; Rivers è stata una figura davvero innovativa nel mondo della comicità, e c'è una forte connessione tra lei e Midge.
Rispetto alla moda dell’epoca, Midge è sempre impeccabile ma anche, in qualche modo, sopra le righe nella sua immagine iper curata in ogni dettaglio.
Fin dall'inizio Amy mi ha detto: non vedrai mai Midge depressa, qualsiasi cosa succeda nella sua vita non la vedrai mai davvero triste, e questa è rimasta la filosofia anche dietro i suoi vestiti. Il mio libro è dedicato alle donne e al loro desiderio di creare bellezza; sono cresciuta tra donne (mia madre e mia nonna, italiane) che credevano in questo, ovvero che qualsiasi cosa succeda, bisogna trovare un modo di celebrare la vita, trarre il meglio dalle situazioni.
È qualcosa di intrinseco allo spirito femminile che ho cercato di trasferire anche in Midge, da cui l’idea che non si curi di cosa è “appropriato” alle situazioni. Il personaggio di Sophie Lennon, invece, rappresenta l'idea che una donna all'epoca doveva travestirsi per poter essere considerata divertente, perché se non hai un aspetto divertente allora non farai ridere; Joan Rivers dimostrò, infrangendo il pregiudizio, che si poteva essere estremamente divertenti anche con un abito da cocktail. Negli anni 50 le donne erano molto limitate nella loro possibilità espressiva, Rivers è stata una delle prime a rivoluzionare le cose.
Parliamo sempre, giustamente, dei costumi di Midge, ma c'è un lavoro straordinario anche sul resto dei comprimari. A volte anche con accessori memorabili: penso, per esempio, a Abe, il padre di Midge: all’indimenticabile tutina da ginnastica nella stagione 2, o al suo mantello della stagione 4, di cui va così fiero da farlo continuamente roteare.
La tutina è ispirata dal vero mondo del fitness dell'America dell'epoca, come per esempio lo show televisivo di Jack LaLanne, che indossava scarpette da danza per i suoi esercizi di ginnastica; è un po' un incrocio tra un atleta e Marcel Marceau.
Il mantello invece ha una storia interessante: il prototipo veniva da Venezia, ho contattato un famoso artigiano di mantelli che ricordavo da quando ero in Italia, e ho fatto mandare i modelli, meravigliosi, fatti con un unico pezzo di stoffa, senza tagli. Il fatto è che sono veri mantelli, che la gente porta d'inverno normalmente; perciò quando abbiamo iniziato a fare le prove della "ruota" con Tony (Shalhoub, interprete di Abe Maisel, ndr), abbiamo scoperto che era troppo pesante per dare quell'effetto! Così ho dovuto ricrearlo in una stoffa più leggera, ma il modello è sempre quello veneziano.
La fantastica signora Maisel si svolge in location molto differenti, nel corso delle annate: come ha lavorato per ricreare lo spirito non solo dei quartieri della Grande mela ma, per esempio, delle Catskill, località vacanziera favorita dei Maisel?
Per ogni location ho fatto molte ricerche; il centro, i sobborghi, Chinatown, il West Village: per ogni luogo creavo un "muro" di riferimenti e partivo sempre dalla palette cromatica. Midge, naturalmente, si veste anche in base a ciò che ha più senso indossare in ognuno di questi posti.
Ho sfogliato tantissime riviste di moda dell'epoca, per esempio "Vogue" e "Harper's Bazaar": erano davvero stimolanti, per le combinazioni di colori e tessuti, una vera fonte di ispirazione. Le Catskill erano all'epoca un luogo di vacanza molto importante, soprattutto per chi lavorava nel Garment District (il quartiere della moda di New York, ndr); inoltre il padre di Amy si esibiva proprio lì d'estate come comico! Mentre facevo ricerche ho trovato un vecchio menù dove c'era il suo nome. Era un luogo di riferimento per i newyorkesi, e tutti i giochi, le sfilate, gli spettacoli che mettevano in piedi davano l'idea di una grande famiglia allargata.
Di conseguenza per creare i costumi di quelle puntate ho fatto ricerche su quale tipo di vestiario era considerato "da vacanza": all'epoca non si andava al mare a Miami, ma si andava alle Catskill, in famiglia, ed era una sorta di fuga dalla città, quindi era importante che gli abiti fossero molto colorati, un po' matti, c'era una tradizione incredibile di spettacoli teatrali allestiti lì, che ora non esiste più.
Restando sulle location: tra le più interessanti, e affollate di comparse, ci sono il negozio di stoffe dei Maisel e il teatro-strip club in cui Midge comincia a esibirsi nella stagione 4.
Nel caso del negozio di sartoria dei Maisel abbiamo girato all’interno di un vero negozio del Garment District, con veri macchinari, che non potevano essere affidati a comparse inesperte, perciò abbiamo lavorato con i veri dipendenti del negozio, che ho vestito uno per uno con abiti d'epoca, ed erano molto emozionati di comparire in uno show televisivo.
La cosa curiosa è che sono lì a lavorare su tagli e stoffe che poi vengono usate da grandi firme della moda, un po' come avviene in quel film italiano, Gomorra. Invece lo strip club della stagione 4 è stato interamente costruito a Brooklyn, e le donne che si esibiscono sono vere performer di club newyorkesi. In quelle scene ho potuto tornare alle ispirazioni dei miei inizi al circo, e sfogarmi con costumi molto teatrali, le interpreti sono state molto disponibili, non avevano paura di niente, e mi sono divertita parecchio.
Infine, guardiamo sotto il vestito: non li vediamo spesso, ma anche gli indumenti di biancheria intima di Midge sono pezzi intonati al personaggio e all’epoca.
Ogni vestito è stato fatto per Rachel, e questo include anche l’intimo. Quando giravamo le puntate a Parigi della seconda stagione, là ho conosciuto una specialista di biancheria, molto giovane ed estremamente talentuosa, che è stata anche insignita di un'onorificenza per aver mantenuto viva la tradizione della lingerie francese, e lei ha realizzato per me ogni reggiseno e culotte e tutto il resto per Rachel. Sono indumenti molto precisi, realizzati specificamente per il corpo di Rachel: lei ha una vita sottile, ma all'epoca era di moda averla ancora più sottile; inoltre erano costumi in cui doveva passare parecchie ore sul set, perciò era necessario che fossero comodi. Quindi erano molto strutturati, come era d'uso all'epoca, ma anche un po' più morbidi, per lasciare agio al corpo. Tutto è fatto su misura per Rachel: anche per questo, è lei che conserverà tutti i vestiti di Midge ora che la serie è finita. ILARIA FEOLE
La fantastica signora Maisel ci ha tenuto compagnia per cinque memorabili anni: alla serie abbiamo dedicato il n. 45 di questa newsletter, mentre dall’archivio di Film Tv vi riproponiamo questa intervista ai creatori della serie, realizzata in occasione della partenza della seconda stagione, sul n. 50/2018.
Funny Lady - Interviste a Amy Sherman-Palladino e Daniel Palladino
A poco più di vent’anni, Amy Sherman-Palladino ha dovuto scegliere: tra la carriera di ballerina professionista e quella di sceneggiatrice tv. La seconda ha prevalso ed è entrata nella writers room di Pappa e ciccia, dove ha firmato alcuni episodi memorabili. Un decennio dopo, col marito Daniel Palladino, ha confezionato una delle serie più amate di inizio millennio, Una mamma per amica - ma la relazione con i vertici delle reti tv tradizionali è sempre stata burrascosa, e i successivi progetti della coppia sono stati travagliati. Ora, con La fantastica signora Maisel universalmente riconosciuta tra le migliori produzioni tv recenti (la seconda attesa stagione è sbarcata su Amazon Prime Video il 5 dicembre 2018), il duo sembra aver trovato, proprio come la protagonista Midge Maisel, la propria voce.
Il punto di forza di Midge è la capacità di fare commedia con la propria autobiografia. Succede anche a voi?
Daniel Palladino: Il padre di Amy - e mio suocero per 25 anni - era uno stand-up comedian: c’è molto di lui, e di quel mondo visto dalla sua prospettiva, attraverso le insicurezze e la fiducia in se stessi necessaria a superarle. Più in generale, è una serie sullo showbusiness, che noi conosciamo molto bene, così come sul giro dei comedy club, che frequentiamo abitualmente. In modo più diretto, Una mamma per amica era decisamente più autobiografico: Amy è quasi completamente Lorelai Gilmore, ma non tanto Midge Maisel.
Prima di rivolgervi ad Amazon, avete provato a portare La fantastica signora Maisel su un network tradizionale?
Amy Sherman-Palladino: L’ho inavvertitamente proposto alla NBC: Bob Greenblatt si disse entusiasta, ma rispose che in quel periodo non acquistavano nuovi show. Ad Amazon ho buttato lì l’idea in due parole - casalinga negli anni 50 vuole fare la comica - e hanno fatto partire la produzione su due piedi. La verità è che La fantastica signora Maisel su un canale tradizionale non sarebbe potuta esistere: Midge è un personaggio non incasellabile, avrei ricevuto centinaia di “suggerimenti” dall’alto su come edulcorarla, renderla più amabile... Di certo non avrebbe potuto dimenticarsi i figli in giro! Sui grossi network il marketing prevale sulla creatività: i personaggi devono essere “piacevoli” per attirare spettatori a cui gli inserzionisti pubblicitari possano vendere sapone. Non tornerò mai, mai - scrivilo, è un dato di fatto - alla tv generalista: sì, ti pagano di più, sono obbligati a farlo perché altrimenti non ci lavorerebbe nessuno. Ma ora, ci sono i servizi di streaming che vogliono voci differenti, vogliono che il tuo show abbia valori produttivi alti, vogliono che assomigli a un’esperienza cinematografica, perché devono raggiungere nuovi abbonati, non vendere assorbenti... Amazon vende abbastanza assorbenti già per conto suo.
Scrivere una comedy è diverso da scrivere stand-up comedy.
Amy Sherman-Palladino: Verissimo. È una forma d’arte molto specifica, molto diversa dalla recitazione, molto dura, che richiede anni di perfezionamento. Poiché sapevamo che, con ogni probabilità, la nostra protagonista sarebbe stata un’attrice e non una stand-up comedian, abbiamo deciso prima di tutto che la sua comicità si sarebbe agganciata a qualcosa di concreto, cioè la sua quotidianità. Così è nato lo stile di Midge, una sorta di sproloquio-filippica-flusso di coscienza...
Daniel Palladino: Nell’episodio pilota, Susie vede questo, una persona “grezza”, un’immagine - la bella donna dell’Upper West Side - che dice ciò che nessun altro vuole dire, e così trova un’identità.
Amy Sherman-Palladino: Per questo, come autori, le routine di Midge ci sono venute facili - voglio dire: se riguardi una puntata di Una mamma per amica, in pratica Lorelai fa 20 minuti di stand-up ogni volta che ordina un caffè. Per scrivere i monologhi degli altri comici incontrati da Midge, invece, abbiamo assunto alcuni professionisti.
Di solito, la commedia in tv è un genere “poco costoso”.
Daniel Palladino: Il discorso è più complesso. Alla base c’è il pregiudizio secondo cui le comedy valgano meno dei drama: lo vedi anche agli Emmy, quello per la miglior serie drammatica è considerato il premio più importante. Noi pensiamo che un genere non sia superiore all’altro, e se mai le comedy sono più complesse, devono fare lo stesso lavoro narrativo, con in più le battute divertenti!
Amy Sherman-Palladino: Già! Prova a scrivere un drago che fa ridere, Khaleesi!
Daniel Palladino: Tradizionalmente, gli show drammatici vengono prodotti su scala più ampia, mentre le comedy hanno iniziato molto presto a essere girate in multicamera, contenendo i costi ma anche le potenzialità. La fantastica signora Maisel, però, con le sue molte location, la cura nei costumi e nel design, la ricostruzione storica, l’ispirazione hollywoodiana etc., dimostra che investire nella commedia trova un grande riscontro negli spettatori.
È un pregiudizio, questo, che riflette quello di genere: Midge non viene presa sul serio, spesso, solo perché è una donna.
Amy Sherman-Palladino: L’intrattenimento è un business. Quel che vogliono tutti quanti è portare a casa la pagnotta. Ed è vero che tra i punti di forza della commedia c’è quello di poter far ridere con niente, come nella stand-up. Per decenni la mentalità condivisa riteneva che le serie tv (e non solo) per essere redditizie dovessero avere un protagonista maschio - generalmente bianco, di mezza età, e con una bellissima moglie giovane e bionda a fianco... «È così che si fanno i soldi!» si diceva. I cambiamenti degli ultimi anni, il successo che hanno riscontrato serie con diverse voci, temi, storie, facce ha dimostrato che si trattava di un preconcetto da demolire.
ALICE CUCCHETTI
Joanna Hogg, autrice del dittico The Souvenir e dell’ancora inedito in Italia The Eternal Daughter, è stata omaggiata a marzo con una retrospettiva completa dal parigino Centre Pompidou: per l’occasione ha realizzato il cortometraggio Présages, visibile gratuitamente online qui. [in inglese con sottotitoli francesi]
Altre visioni in streaming: un corto documentario girato sul set di Il giardino delle vergini suicide, lungo di debutto di Sofia Coppola, realizzato da sua madre Eleanor, disponibile fino all’11 maggio su Le cinéma club: uno sguardo dietro le quinte sulla nascita di un’autrice [in inglese con sottotitoli inglesi]
Ancora inedito in Italia, Showing Up è l’ultima fatica della nostra amata Kelly Reichardt, di nuovo con protagonista la sua attrice feticcio Michelle Williams: in attesa di vederlo, su “the Film Stage” ecco un bel dialogo tra le due artiste, dove raccontano anche le loro influenze cinematografiche e letterarie [in inglese]