Per la Giornata internazionale della donna abbiamo invitato cinquanta voci femminili a scegliere un titolo che rappresenti lo spirito dell’8 marzo: consigli di visione, di (ri)scoperta e di condivisione, per celebrare anche sullo schermo un giorno di festa e di lotta per i diritti.
8 marzo, Giornata internazionale della donna, nel linguaggio comune “la festa della donna”. Una giornata per celebrare le conquiste, per rivendicare l’identità; ma anche per ribadire con forza la necessità di lottare per la parità e per il mantenimento di diritti che non dovrebbero essere messi in discussione. Abbiamo approfittato della coincidenza del calendario - quest’anno l’8 marzo cade proprio di mercoledì, il giorno di uscita di Singolare femminile - per trasformare questo numero della newsletter in una celebrazione condivisa e collettiva, invitando cinquanta tra critiche, studiose, selezionatrici, scrittrici, giornaliste a scegliere un titolo, uno solo, che per loro rappresenti l’8 marzo. Un titolo di festa, di lotta, di indipendenza, di differenza, di parità, di memoria; un film o una serie tv; indipendentemente dal genere di chi sta dietro la macchina da presa. In piena libertà, e per i motivi più universali o privati possibili. Cinquanta è un numero giocoforza limitato, un campione di voci comunque variegato che ci piace rappresenti anche un indizio di quante sono le firme che in Italia si occupano, con passione e competenza, di cinema e serialità: sono molte di più di quelle che trovate in questo speciale (che ringraziamo per la loro disponibilità), e meritano di essere ascoltate.
Da Germaine Dulac a Sailor Moon, passando per Lizzie Borden e Maya Deren, i consigli spaziano tra generi, formati, epoche e livelli di intensità politica, con rimandi ed echi: abbiamo scelto, nell’ottica di lasciare totale libertà alle partecipanti, di conservare eventuali “doppioni”, per cui alcuni titoli compaiono due volte, e ci sembra significativo che sia così.
Con un nome che netto si staglia a nume tutelare, quello di Agnès Varda, che compare 6 volte con 5 film diversissimi tra loro, esempio ideale della molteplicità e della libertà dell’essere donna.
Buona lettura, buone visioni, e buona Giornata internazionale della donna.
Fede Bordin (Ricciotto, inutile)
Gli amori di Anaïs (Les amours d’Anaïs, 2021) di Charline Bourgeois-Tacquet
Les amours d’Anaïs è per innamorarsi di tutto quello che c’è attorno a noi, e viverlo con curiosità e gioia di esplorare. Per ricordarci delle insegnanti per cui avevamo una cotta, per leggere Marguerite Duras e piangere, per sospirare su Gena Rowlands, per ballare su Kim Carnes con la tipa che ci piace tanto. E per sperare, e per volerlo, e per crederci fino in fondo. Su MUBI
Barbara Sorrentini (Radio Popolare)
Anche io (She Said, 2022) di Maria Schrader
Era il 2017 quando negli Stati Uniti alcune attrici hanno avuto il coraggio di denunciare il proprio datore di lavoro: il produttore di Hollywood Harvey Weinstein. Il polverone, finito con accuse e arresti con prove alla mano, era partito grazie a un’inchiesta di due giornaliste del “New York Times”, raccontata nel film Anche io di Maria Schrader, con Carey Mulligan e Zoe Kazan. Due attrici pluripremiate che prestano corpo e volto in totale solidarietà con le colleghe vittime di molestie sessuali, e con alcune di queste che compaiono nella parte di se stesse. Attraverso la finzione, finalmente Hollywood si immerge nella realtà più squallida e umiliante della stessa industria cinematografica. In sala
Caterina Bogno (Film Tv)
Annie Ernaux - I miei anni Super 8 (Les années Super-8, 2022) di Annie Ernaux, David Ernaux-Briot
Una selezione di filmini di famiglia (i viaggi, le mattine di Natale, la quotidianità domestica...) e la voce da «etnografa di se stessa» di Annie Ernaux che torna su quelle immagini per interrogarle e risignificarle: a 82 anni la più grande scrittrice vivente di Francia esordisce al cinema e ancora una volta trova una forma netta, precisa, implacabile per «guardare fino in fondo» il suo e il nostro essere donna.
Tania Rispoli (DinamoPRESS)
Born in Flames (1983) di Lizzie Borden
Born in Flames è un docufiction distopico che si svolge in un’immaginaria epoca post-rivoluzionaria. Gli Stati Uniti sono diventati finalmente socialisti. Ma tra radio pirata e richiesta di salario al lavoro domestico, omicidi della polizia e conversioni terroristiche, i gruppi femministi continuano a riprodursi, passando dal separatismo alla sperimentazione dell’intersezionalità.
Daniela Brogi (Università per stranieri di Siena, Lo spazio delle donne)
Cipria – Il film della vostra vita (2022) di Giovanni Piperno
Consiglio Cipria, il lavoro di Giovanni Piperno, in sala proprio dall’8 marzo. È un bel film di montaggio, interessante rispetto a una delle questioni più importanti da rimettere sotto gli occhi anche attraverso la data di oggi, vale a dire la storia della donne, trattate come soggetto collettivo. In sala
Florencia Di Stefano-Abichain (Radio Popolare, Ordinary Girls, Before Breakfast)
Crazy Ex-Girlfriend (2015-2019) creata da Rachel Bloom, Aline Brosh McKenna
Io scelgo Crazy Ex Girlfriend, perché nonostante il titolo fuorviante da rom com dozzinale Rachel Bloom, autrice e attrice protagonista della serie, scrive, recita e canta meravigliosamente, con un’ironia che ricorda Tina Fey e le migliori penne del Saturday Night Live, immergendoci in una scrittura femminile (a suo modo femminista) pop e spassosa e una colonna sonora originale che vi ritroverete a canticchiare per tanto tempo, forse per sempre. Su Netflix
Eugenia Fattori (Le 16 candeline, Tutte col tutù, Binge Partners)
Dalle 9 alle 5… orario continuato (9 to 5, 1980) di Colin Higgins
Un’utopia esilarante, socialista e femminista che per tema ha una delle più belle canzoni di Dolly Parton. Frutto della volontà di ferro di Jane Fonda e, anche grazie a un momento storico irripetibile, arrivato secondo al box office del suo anno d’uscita, il 1980. Su Disney+
Raffaella Giancristofaro (MyMovies, Duels, Premio Cecilia Mangini)
Dalle 9 alle 5… orario continuato (9 to 5, 1980) di Colin Higgins
Jane Fonda, Lily Tomlin e Dolly Parton, vessate da un capo sessista e inetto, sognano vendetta, anche “facendosi i film”. Intercettò in chiave comica la richiesta delle working girl di nuovi tempi di lavoro. E di approcci: per un confronto con l’oggi, rivedere Parton e Coleman a ruoli invertiti a bordo scrivania. Su Disney+
Carolina Crespi (Film Tv, La banda felice)
Diamante nero (Bande des filles, 2014) di Céline Sciamma
Forse il mio preferito, tra i film di Céline Sciamma, per la naturalezza con cui lo sguardo della regista si sovrappone a quello di Mariame mentre affronta la sua trasformazione in una persona libera. Bande des filles è la storia di ogni individuo che diventa improvvisamente parte di un universo attraverso le violente discontinuità che l'adolescenza porta con sé. Una piccola donna che prende coscienza dei cambiamenti del suo corpo e sceglie le proprie sorelle d’adozione sulla base della verità, violenta ma sincera, dei legami che instaura. Su Prime Video
Benedetta Pallavidino (Limina, Le tourbillon de la vie)
Una donna promettente (Promising Young Woman, 2020) di Emerald Fennell
Vendetta per fare giustizia, per aver pace, per rendere omaggio a una vita spezzata dalla brutalità maschile. Un climax rituale, cerimoniale, che dà una lezione al maschio, insaziabile e violento criminale. Una folle lucidità che sprigiona dolore ma anche coraggio, fino all’ultimo respiro.
Eleonora Marangoni (E siccome lei, Paris s’il vous plait)
Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilda (The Effect of Gamma Rays on Man-in-the-Moon Marigolds, 1972) di Paul Newman
Un film che racconta le donne e in generale i legami con cura e rara sensibilità. Un affresco di famiglia attento, delicato e feroce al tempo stesso, e soprattutto il ritratto memorabile di una ragazzina, Matilda (che era davvero la figlia di Newman), della sua vita sociale e di quella interiore, invisibile proprio come i raggi gamma e che però è in grado di salvarla da ogni cosa.
Vanessa Mangiavacca (FilmIdee, Bellaria Film Festival, Home Movies)
La fantastica signora Maisel (The Marvelous Mrs. Maisel, 2017-2023) creata da Amy Sherman-Palladino
Metà come Miriam, metà come Susie: quante volte abbiamo cercato di calarci nei panni di qualcun’altra per affrontare intralci e qualche pregiudizio quotidiano. Impegnata a dimostrare quanto e cosa posso fare, aspirando alla perfezione, spesso dimentico di quanto sia terapeutico lasciare che flussi di pensieri e parole scorrano in libertà senza prendermi troppo sul serio. Go on stage… and tits up. Su Prime Video
Clara Ramazzotti (Vanity Fair, Harper’s Bazaar, Fordham University)
Fleishman a pezzi (Fleishman Is in Trouble, 2023) creata da Taffy Brodesser-Akner
Guardate l’episodio 7 intitolato Me-Time. Per gli americani è un termine comune, serve a specificare i piani della giornata dedicati a se stessi. La storia degli ex coniugi Fleishman inizia davvero con Rachel (Claire Danes), moglie di Toby (Jesse Eisenberg). Tutto l’episodio è il racconto atroce su come curarsi di sé dopo una violenza ostetrica, dell’assenza di empatia e dei ricatti emotivi. Fa male. Su Disney+
Alice Alessandri (Pilota - Un podcast sui telefilm)
Fiori d’acciaio (Steel Magnolias, 1989) di Herbert Ross
Lo dico subito: Fiori d’acciaio è stato scritto da un uomo. Ciononostante, vi ritroverete tutto ciò che rende vitali come l’aria i legami che si creano fra un gruppo di amiche quando sono sole, quando sono insieme. E li riconoscerete, desidererete, come vostri. Dall’amore alla morte, insieme.
Marì Alberione (Duels.it)
Full Time - Al cento per cento (À plein temps, 2021) di Éric Gravel
Una corsa contro il tempo con tutto che congiura contro… Una commedia con venature thriller che si fa film di denuncia per ribadire una volta di più, ma senza retorica, come le donne nella vita di ogni giorno si trasformino in equilibriste che fanno i salti mortali per cercare di far quadrare le cose. Su IWONDERFULL
Daniela Persico (Locarno Film Festival, Filmidee, Bellaria Film Festival)
Girlfriends (1978) di Claudia Weill
Basta riscoprire questo film per capire che la storia del cinema andrebbe riscritta. Due amiche, quel tempo che separa il desiderio d’essere un’artista dalla sua realizzazione: un frammento in cui da sempre le donne si dedicano ad altro (il compagno, un bambino, la famiglia) e che invece una ragazza sprovveduta e orgogliosa sceglie di tenere per sé. Un po’ perdendosi e un po’ sperimentando; l’unica strada per capire chi si è e non voltarsi più indietro.
Emanuela Martini (Film Tv, Cineforum)
Hannah e le sue sorelle (Hannah and Her Sisters, 1986) di Woody Allen
Hannah e le sue sorelle di Woody Allen: ritratto a tutto tondo delle donne di quegli anni (e in parte anche di questi), bellissime nella loro creatività, pasticcione e nevrotiche quanto vi pare, o persino troppo tenere, ma frastagliate, mobili, sempre in cerca di qualcosa. L’insicurezza è anche un pregio. I dubbi esistenziali pure.
Cristina Resa (Incompetenti, IGN Italia)
I Am Not a Witch (2017) di Rungano Nyoni
I Am Not a Witch della regista zambiana-gallese Rungano Nyoni, è un film strano, nel senso più straordinario del termine weird: nel raccontare la storia di Shula, otto anni, condannata per stregoneria a lavorare in un “campo di streghe” insieme ad altre donne sempre legate a lunghi nastri, oscilla tra i registri - comico, surreale, drammatico - portando avanti una satira sociale feroce all’interno di un film delicato e struggente. Strano e bellissimo.
Manuela Stacca (Link – Idee per la tv, L’eco del nulla)
I Hate Suzie (2020-in corso) creata da Billie Piper, Lucy Prebble
I Hate Suzie è una serie tv in due atti, due capitoli che raccontano la storia di una donna a pezzi, esausta, ansiosa, incasinata e arrabbiata. È una dramedy cruda e sperimentale, che parla di maternità, aborto, piacere femminile, consenso, salute mentale, star system; un one woman show assolutamente imperdibile. Su NOW
Sara Sagrati (RadioNolo, Il Settimanale PMI)
I Love Lucy (1951-1957) con Lucille Ball, Desi Arnaz
La prima sitcom, il primo show globale e la prima narrazione a rivendicare un modello di femminilità moderno, fuori e dentro la dimensione domestica. Vedi alla voce maternità e lavoro. Un modello invecchiato, certo, ma tutte dobbiamo qualcosa a Lucille Ball personaggio, attrice e donna. «Yeah. Well, I’m fickle».
Elisa Baldini (CG Entertainment)
Io la conoscevo bene (1965) di Antonio Pietrangeli
La macchina da presa adesca ancora una volta un corpo, ma fallisce nel tentativo di intercettare la traiettoria di uno sguardo: quello di Adriana Astarelli/Stefania Sandrelli, infatti, si spinge oltre l’obiettivo, rivendicando il diritto di essere qualcosa d’altro e altrove. Libera e sconosciuta, costi quel che costi. Su RaiPlay
Francesca Genti (Film Tv, Sartoria Utopia)
Kung-Fu Master! (1988) di Agnès Varda
Un film che, come in tutta l’opera di questa gigantesca regista, mantiene intatta ancora oggi la sua carica eversiva e scanzonata. Un film sul desiderio oltre ogni buon senso e principio di realtà in cui il topos dell’amour fou riesce a essere miracolosamente reinterpretato. Un film di capricci e intemperanze, a suo modo di lotta, dove eros batte thanatos mille a zero. Su MUBI
Stefania Carini (Il Post, stefaniacarini.it)
La legge di Lidia Poët (2023-in corso) creata da Guido Iuculano, Davide Orsini
Un prodotto medio ben fatto, la base narrativa e industriale da cui si parte per creare un settore seriale sano. Poët piace a livello internazionale: c’è una struttura calibrata, un cast che funziona e io mi sono innamorata di costumi e gioielli. È la nostra Enola Holmes. C’è soprattutto un adattamento non libresco, immobile, paludoso del nostro passato. E dunque c’è un tema attuale: la donna di oggi, sì, lei, prendendo però come esempio una donna di ieri, che ha fatto la Storia. E però ancora la questione più discussa è stata “la veridicità storica”, mai cercata dalla serie. Come se fossimo ancora indietro di anni a livello di dibattito critico. E forse non solo: come mai ha dato così fastidio vedere Poët libera anche a letto? Su Netflix
Fiaba Di Martino (Film Tv)
The Loved Ones (2009) di Sean Byrne
Il sogno di Cenerentola, il ballo scolastico, l'essere bambola e principessa per una notte come unico orizzonte di senso, e di desiderio, per le femminucce: inevitabile che un'emarginata dia di matto. Torture porn sadico e catartico, con un tocco di genio (Not Pretty Enough) in colonna sonora: «Perché il tuo sguardo mi attraversa senza vedermi?».
Marzia Gandolfi (Film Tv, MyMovies, Duels)
La maman et la putain (1973) di Jean Eustache
(Ri)guardare La maman et la putain. Perché lascia la parola alle donne come raramente accade(va). E non soltanto la parola. Le vediamo scegliere con chi andare e quello che vogliono fare. Senza complessi, dicono «Tampax», portano il caffè a letto e danno buca. E il bidone diventa pure argomento di conversazione… In sala restaurato dal 13 marzo
Mariuccia Ciotta (Film Tv, ilCiottaSilvestri, Bambole perverse)
Meshes of the Afternoon (1943) di Maya Deren
Vertiginosa Maya nella spirale di incubi surreali presta la sua bellezza al cortometraggio d’esordio. Amica di Marcel Duchamp e maestra di Stan Brakhage, realizza il film, riferimento del cinema d’avanguardia newyorkese, con una cinepresa 16 mm. Sovrimpressioni, esposizione della pellicola, trasparenze, danza di immagini ipnotiche. Su YouTube
Maria Sole Colombo (Film Tv)
Mrs. America (2020) creata da Dahvi Waller
Un affresco battagliero e più schierato che mai, per raccontare di una fervente antifemminista (Phyllis Schlafly, casalinga ultra conservatrice negli Usa degli anni 70): ogni episodio è un ritratto femminile commovente, un piccolo saggio di teoria politica, un esempio luminoso di cinema civile.
Federica Fabbiani (Leggendaria, Architetture del desiderio)
Mrs. America (2020) creata da Dahvi Weller
Miniserie scritta da Dahvi Waller sullo scontro, negli anni 70, tra le femministe della seconda ondata - Gloria Steinem (Rose Byrne), Bella Abzug (Margo Martindale), Betty Friedan (Tracey Ullman) – e le conservatrici capeggiate da Phyllis Schlafly (Cate Blanchett). Due fronti opposti, ognuno con fratture all’interno, alle prese con la ratifica dell’Equal Rights Amendment che garantiva pari diritti a prescindere dal sesso. Imperdibile!
Carla Vulpiani (Mostra internazionale del cinema di Venezia, Torino Short Film Market)
My Happy Family (2017) di Nana Ekvtimishvili, Simon Groß
La decisione di Manana, insegnante di mezza età, di andare a vivere da sola sconvolge l’ordine morale della sua famiglia multigenerazionale e della comunità tradizionaliste. Con un blend di dramma e commedia la scrittura di Nana Ekvtimishvili torna dopo In Bloom sul tema della sottomissione femminile all’interno della società patriarcale mettendone a nudo debolezze e paure. Una storia contemporanea di rivincita femminile per madri e figlie.
Sara Poma (Carla, Prima, Il coraggio verrà)
Paquita Salas (2016-in corso) creata da Javier Calvo e Javier Ambrossi
Può sembrare discutibile consigliare per la Giornata internazionale della donna una serie tv diretta da due uomini e interpretata da un uomo in drag. Ma Paquita Salas sfugge a ogni possibile catalogazione, fa il giro, si libera e trasmuta in un affresco meravigliosamente queer. Paquita è semplicemente la serie sulla sorellanza più gioiosa e commovente che ho visto negli ultimi anni e quando si arriva alla fine si prova quell’enorme senso di mancanza verso i personaggi che solo le storie importanti lasciano in eredità. Su Netflix
Nicoletta Romeo (Trieste Film Festival)
Partita a quattro (Design for Living, 1933) di Ernst Lubitsch
Una donna non riesce a decidere tra due uomini che la amano, e il trio accetta di vivere insieme in un rapporto a tre di tipo platonico. L’irresistibile personaggio di Gilda è un inno alla libertà, contro gli stereotipi sul femminile, pieno di ironia ed erotismo scanzonato. Una sceneggiatura dal ritmo perfetto!
Antonia Caruso (edizioni minoritarie, Queer Gaze)
Poker Face (2023-in corso) creata da Rian Johnson
Oltre a superare praticamente da sola il test di Bechdel, in Poker Face Natasha Lyonne è una macchina della verità umana, cioè è proprio carina, ascolta, si preoccupa. Risolve un omicidio in ogni puntata, un po’ per caso (si trova lì), un po’ perché sinceramente contrariata quando capisce che qualcuno mente per coprire un omicidio e infatti ci si impegna.
Mariella Lazzarin (DoppioZero)
Quaranta pistole (Forty Guns, 1957) di Samuel Fuller
Le donne hanno bisogno di modelli? Forse il mio potrebbe essere Barbara Stanwyck in questo film forsennato. Fasciata in un abito nero su un destriero bianco, inquadrata attraverso la canna di un fucile aperto e ancora in primissimo piano con i quaranta cavalieri "Dragons" alle sue spalle... Ho sempre desiderato essere la regina della prateria!
Anna Masecchia (Università degli studi di Napoli, Pianeta Varda)
Réponse de femmes – Notre corps, notre sexe (1975) di Agnès Varda
Agnès Varda era “affetta” da un femminismo gioioso: una forma particolare di lotta lungimirante, ferma e coraggiosa ma anche in grado di cambiare nel tempo e di accogliere ogni essere umano nella sua complessità. Réponse de femmes – Notre corps, notre sexe, ciné-tract del 1975, è solo uno dei suoi tanti lavori che è bene ricordare in occasione dell’8 marzo.
Alice Cucchetti (Film Tv)
Sailor Moon (Bishojo Senshi Sera Mun, 1992-1997) creata da Naoko Takeuchi
Goffa, pigra, imbranata, insicura, come l’Alice di Carroll costantemente “della misura sbagliata” per il mondo, come Buffy eroina riluttante a sacrificarsi per salvarlo, come Xena infine principessa guerriera, «forgiata dal fuoco di mille battaglie». Nell’ingenuità della mia adolescenza, desideravo quasi solo un gatto magico, e delle sorelle con cui combattere; qualche decennio dopo, un 8 marzo dopo l’altro, è ancora così.
Alice Catucci (Sentieri Selvaggi)
Il segno di Venere (1955) di Dino Risi
Franca Valeri in Il segno di Venere problematizza, con incredibile finezza comica e senza lesinare su malinconia e amarezza, la necessità di un percorso di emancipazione femminile, raccontandoci la storia di Cesira e Agnese alle prese con gli uomini e con l’amore nell’Italia del Boom economico.
Chiara Grizzaffi (Università IULM, I film attraverso i film)
Senza tetto né legge (Sans toit ni loi, 1985) di Agnès Varda
Una versione femminile (e femminista) di Quarto potere: l’inizio del film coincide con la fine di un’esistenza, quella della vagabonda Mona, di cui non ci restano che pochi frammenti. La nostra protagonista, però, non era animata da ambizioni smisurate o tormentata da rimpianti: rigettato quell’ordine patriarcale che la vorrebbe angelo del focolare, Mona ha vissuto di espedienti ma senza compromessi, facendo della propria libertà un affronto alla morale borghese. Su MUBI
Silvia Pezzopane (Framed Magazine)
La signora del West (Dr. Quinn, Medicine Woman, 1995-1999) creata da Beth Sullivan
Dr. Quinn, Medicine Woman è un gioiellino che non tutti ricordano. La consiglio per una festa della donna in compagnia della coraggiosa e indomita Michaela Quinn (Jane Seymour), una donna medico che nel 1867 da Boston arriva in Colorado, dove si trova catapultata in una nuova vita. Le sue lotte quotidiane contro i pregiudizi e le discriminazioni razziali e di genere hanno il sapore amaro della Frontiera e l’allure didascalica delle storie al femminile Nineties, ma anche il brivido di una piccola rivoluzione.
Gloria Baldoni (Ghinea, inutile)
Small Deaths (1996) di Lynne Ramsay
Il primo corto della cineasta scozzese Lynne Ramsay, disponibile su YouTube, lavora attorno all’idea che la perdita dell’innocenza, soprattutto quella femminile, non sia un processo graduale, impossibile da ricostruire a distanza di tempo, bensì un susseguirsi di inaspettate epifanie in grado di turbarci e strappare l’incanto dai nostri sguardi. In poco più di dieci minuti, con invidiabile asciuttezza ed efficacia, Ramsay racconta tre piccoli episodi nella vita di Anne Marie, tre imprevedibili scossoni che mettono alla prova il suo equilibrio e la costringono a riaggiustarlo: nella confusione, una bambina diventa una giovane donna.
Chiara Tognolotti (Università di Pisa, FAScinA, AIRSC)
La sorridente signora Beudet (La souriante Madame Beudet, 1923) di Germaine Dulac
Vorrei consigliare i film di Germaine Dulac e in particolare La sorridente signora Beudet (disponibile su YouTube), un ritratto del matrimonio borghese spietato, malinconico e di grande eleganza formale, realizzato nei primi anni 20 da una regista femminista di straordinario talento.
Sara Martin (Film Tv, Università di Parma, L’abito necessario)
Storia di un matrimonio (Marriage Story, 2019) di Noah Baumbach
Scelgo il monologo dell’avvocato divorzista Nora Fanshaw in Storia di un matrimonio di Noah Baumbach. Nora racconta una sofferenza femminile ancestrale che va ben al di là della gestione di un divorzio in un’aula di tribunale. Il suo è un discorso universale, di una violenza struggente, che ci dice quasi tutto sull’uomo e sulla donna e sui ruoli che giocano, da sempre, dentro a una famiglia. Su Netflix
Ilaria Ravarino (Il Messaggero)
Strange Days (1995) di Kathryn Bigelow
Perché è un grande cyberpunk visionario girato da una regista che a metà anni 90 metteva il cappello su un genere storicamente maschile. Perché c'è una Juliette Lewis in gran forma, con un personaggio mitologico (e quel suo vestito dorato, a rete e paillette, ce lo siamo sognato in tante). E per Hardly Wait, colonna sonora di quel pezzo degli anni 90, nella versione di Lewis ma da riascoltare anche nell'originale di quell'altra belva che è PJ Harvey. Per me il miglior film per l'8 marzo: adrenalinico, psichedelico, profondamente femmina.
Chiara Borroni (Cineforum, Università degli studi di Torino, Settimana della critica)
They (2018) di Anahita Ghazvinizadeh
They è un film sulla transizione o meglio sullo scivolamento da una condizione all’altra (bambino/adulto, straniero/local, maschio/femmina). Stabilire chi si è, quale tra i molti che si può essere e, definendosi, decidere la propria posizione nel mondo, come abitarlo. Con uno stile impalpabile, minimalista ma mai approssimativo, l’esordiente regista di origine iraniana Anahita Ghazvinizadeh riesce a spogliare l’immagine di ogni forma di retorica consegnando allo spettatore un film leggerissimo ma di forza impressionante.
Beatrice Fiorentino (Settimana internazionale della critica)
Tutta la bellezza e il dolore (All the Beauty and the Bloodshed, 2022) di Laura Poitras
Mai titolo fu più calzante: tutta la bellezza del mondo, e il dolore. Uno schermo in cui si specchiano la regista e una fotografa. Figlia, sorella, amante, attivista, performer. Una storia potente di donne ribelli. In azione. Fin nei gesti più estremi. Grandissimo Leone d’oro. In sala
Silvia Nugara (CultFrame, il manifesto, Scenari)
L’une chante, l’autre pas (1977) di Agnés Varda
Se “la donna” non esiste ma “le donne” e la loro storia di soggetti politici sì, questo film è una testimonianza diretta e dall’interno del femminismo plurale anni 70. Un crocevia cinematografico in cui l’epopea di un’amicizia incontra la politica con inserti musical in puro stile Varda-Demy.
Lucia Tralli (The American University of Rome – AUR, Vidding Grrls)
L’une chante, l’autre pas (1977) di Agnès Varda
In una sequenza indimenticabile, una delle protagoniste canta una canzone sull'aborto appollaiata su un battello turistico insieme ad altre donne in attesa del loro turno. Solo Agnès Varda poteva renderla così poetica e potente. Nella storia di Pauline e Suzanne c’è tutto l’8 marzo: autodeterminazione, corpo, aborto, lotta. E sorellanza, perché ci si salva solo assieme.
Andreina Di Sanzo (FantaFestival, Birdmen)
A Vingança de Uma Mulher (2012) di Rita Azevedo Gomes
Fuori dal tempo, ma dentro dei quadri e sopra un palcoscenico. A Vingança de Uma Mulher è l’eterna storia della lotta per l’autodeterminazione di una donna. Una duchessa spagnola si vendica dell’uccisione del suo amore scegliendo di diventare una prostituta e infangare il nome del possessivo marito. Ad ascoltarla il dandy Roberto, che ne comprende rabbia e sofferenza. Un grande film di Azevedo Gomes, per le lotte di ieri, oggi, sempre. Adattamento da Les Diaboliques di Jules-Amédée Barbey d’Aurevilly.
Giulia Bona (Film Tv)
La vita è un raccolto (2000) di Agnès Varda
Agnès Varda mi ha insegnato: a essere curiosa e sperimentare; a trasformare piccole cose - spesso abbandonate - in arte, come le patate coeurs; a confrontarmi con il corpo che cambia; a essere umile, procedendo però sempre a testa alta, con infinito entusiasmo. Tutto questo (e molto di più) lo trovi in La vita è un raccolto di Agnès Varda.
Stefania Carpiceci (Università per stranieri di Siena)
Vogliamo anche le rose (2007) di Alina Marazzi
Il titolo evoca parzialmente uno slogan delle lavoratrici tessili in sciopero nel 1912 per parità salariali e una vita più libera, vissuta e goduta. Il documentario è un patchwork audiovisivo che mescola immagini colorate e animate di fotoromanzi o rotocalchi d’epoca, con quelle in bianco e nero di archivi e repertori, sovrapponendole alla voce off di giovani ragazze che ai loro diari confessano intime paure e volontà di autodeterminazione. Un percorso scandito, a partire dagli anni 60 fino al nuovo millennio, dalle conquiste delle donne su lavoro, diritto di famiglia, divorzio, contraccezione, aborto, stupro. «Siamo serie, vogliamo l’impossibile», si legge su uno striscione in piazza allora. Siamo consapevoli, perché quei diritti conquistati non vogliamo davvero più mutarli. Su RaiPlay
Ilaria De Pascalis (Università degli studi Roma Tre)
The Watermelon Woman (1996) di Cheryl Dunye
Film indipendente e pietra miliare del New Queer Cinema degli anni 90, rivendica la necessità della rappresentazione e il piacere dell’identificazione attraverso la protagonista, giovane donna nera, lesbica e aspirante filmmaker, interpretata dalla regista stessa. La sua ricerca di una genealogia per le figure minoritarizzate nella storia del cinema diviene produzione di fantasie e immaginari, in una proliferazione creativa e una lotta appassionata per portare alla luce i racconti delle esperienze di chi ci ha preceduto.
Chiara Checcaglini (Università di Urbino, Il Sole 24 Ore, Breaking Bad)
We Are Lady Parts (2021-in corso) creata da Nida Manzoor
Cosa significa essere musulmana, e punk e femminista, nella Londra contemporanea: impossibile resistere a We Are Lady Parts, una comedy che frantuma gli stereotipi raccontando di sorellanza e identità, tra molte risate e qualche singulto di commozione. Imperdibile ed esaltante, politica e divertente, con il bonus di brani come Voldemort Under My Headscarf.
Giulia Cuter & Giulia Perona (Senza rossetto)
Women Talking - Il diritto di scegliere (2022) di Sarah Polley
Candidato a due Oscar, è l’adattamento di Donne che parlano di Miriam Toews. Dopo aver scoperto di venir regolarmente narcotizzate e stuprate, le donne di una comunità religiosa si riuniscono per decidere come agire: se rimanere o andarsene. Nel film non vediamo gli atti violenti, ma solo scorci delle conseguenze. Nessuna di loro è più la stessa ed è nel confronto che troveranno una risposta. In sala
Ilaria Feole (Film Tv)
Yentl (1983) di Barbra Streisand
Il teorema femminista in musica di Streisand, fuori e dentro lo schermo. Un inno alle donne che non si fermano davanti al destino che gli uomini hanno deciso per loro: come Yentl, che si traveste per poter studiare, come Barbra, che per il film vinse il primo Golden Globe della storia assegnato a una donna dietro la macchina da presa. On demand su Prime Video