Singolare, femminile ♀ #169: Live from New York
Si sono svolte lo scorso weekend le celebrazioni per il cinquantennale del Saturday Night Live, il programma di sketch comici che ha rivoluzionato il linguaggio televisivo e, nei decenni, ha lanciato la carriera di tanti protagonisti del grande e piccolo schermo. Ne approfittiamo per puntare i riflettori sui volti femminili che hanno fatto la sua non semplice storia.
La prima persona a essere assunta dal creatore, produttore e demiurgo Lorne Michaels fu una donna, Gilda Radner, ma il rapporto del Saturday Night Live con il genere femminile è tutt’altro che pacificato e paritario. Jane Curtin, una delle tre comedian a far parte del primissimo cast, ha raccontato dopo molti anni che John Belushi sabotava esplicitamente le sceneggiatrici, leggendo male e a bassa voce il materiale lui affidato se a produrlo era un’autrice – e dire che proprio Rosie Shuster, ufficiosa “co-creatrice” dello show, all’epoca moglie di Lorne Michaels (la interpreta Rachel Sennott nel recente film Saturday Night di Jason Reitman), aveva inventato il mitico sketch delle api assassine. A Julia Louis-Dreyfus, a 21 anni la più giovane cast member femminile di sempre, un produttore disse «i capi della NBC dicono che, se ti stiri i capelli, vorrebbero tutti quanti scoparti», pensando potesse essere un incentivo a farle abbandonare la sua chioma riccia (per tutta risposta, Louis-Dreyfus impose di proposito poi una capigliatura voluminosa alla sua Elaine in Seinfeld). Si è dovuto aspettare il 1999 per avere una capo-sceneggiatrice (Tina Fey) e il 2004 per una conduzione tutta al femminile dell’ambito segmento Weekend Update (nel 2014 Cecily Strong ne fu poi la prima conduttrice in solitaria, ma per una sola stagione).
Le celebrazioni per i 50 anni di esistenza di uno dei programmi più rivoluzionari e influenti della storia della tv, la prima espressione della controcultura che riuscì a penetrare l’impermeabile baluardo rigido e perbenista del piccolo schermo, si sono svolte lo scorso weekend, prima con un concerto-omaggio alla tradizione degli ospiti musicali del programma, e poi con una serata speciale, lunga tre ore, densa di sketch nostalgici e ospiti hollywoodiani, con una quantità di celebrità presenti tale che pareva di essere alla notte degli Oscar. In mezzo secolo di vita, le performer riconosciute come membri ufficiali del cast sono state 56 su 167 (il 33 percento del totale; una percentuale simile, 30 percento donne e 70 percento uomini, si riscontra andando a contare gli ospiti celebri invitati ogni settimana a fare da conduttori-guest star), e diverse tra loro hanno denunciato un trattamento di “sfavore” e un’atmosfera di casuale sessismo, che spesso poi si rifletteva nello spazio dedicato ai loro sketch o alla rilevanza dei loro personaggi (e anche sulla loro vita personale, tra stress e disturbi alimentari). Le cose si complicano ulteriormente se si guarda alle comedian non bianche: Yvonne Hudson nel 1978 e Danitra Vance nel 1985 furono le uniche due cast member nere nel primo quindicennio, ma durarono solo una stagione ciascuna; la prima a esser chiamata a ritornare fu Ellen Cleghorne (1991-1995). Ancora un decennio fa, nel 2014, Sasheer Zamata segnò un “record” in quanto prima donna nera assunta dall’addio di Maya Rudolph nel 2007 (e solo dopo che Keenan Thompson dichiarò che non si sarebbe più esibito in drag fino all’assunzione di una comedian nera nel cast).
Naturalmente, però, i 50 anni del Saturday Night Live sono contraddistinti anche da indimenticabili performance femminili, in particolare quelle del primo leggendario cast, e poi nel “nuovo periodo d’oro” degli anni Zero, e molte performer sono ricordate dai fan dello show come autrici e interpreti di alcuni dei gag più citati e rivisitati. Nella lista che segue ne abbiamo scelte dieci, tra quelle che si sono rese protagoniste di sketch, interpretazioni e imitazioni indimenticabili, esondando dai “confini” del Saturday Night Live per entrare, anche con cinema e serie tv, nella storia della comicità tout-court. Belushi – e come lui molti, moltissimi altri – sosteneva che le donne, fondamentalmente, non fanno ridere, un’affermazione banalmente confutata dai fatti. Come ci hanno già insegnato Lucille Ball e Betty White o le comedian che hanno ispirato La fantastica signora Maisel, una donna comedian è spesso una figura di per sé dirompente, sovversiva, capace, con la sua audacia sfrontata sul palcoscenico, la sua voce squillante e il suo rifiuto delle norme (estetiche, fisiche, sociali), di smantellare convenzioni soffocanti, e di spalancare strade nuove.
GILDA RADNER (1975-1980)
Gilda Radner è il primo nome in assoluto a essere scelto da Lorne Michaels al momento di comporre il cast per una nuova, bizzarra, incomprensibile trasmissione comica di seconda serata, all’epoca chiamata solo NBC’s Saturday Night. E per i primi cinque anni di vita del programma ne è uno dei volti più amati, leggenda tra leggende come John Belushi, Bill Murray e Chevy Chase, con cui già aveva condiviso i microfoni della National Lampoon Radio Hour dopo aver debuttato sul palcoscenico in una produzione canadese del musical Godspell (che comprendeva nel cast anche Martin Short e Eugene Levy!) ed essersi fatta le ossa nell’improvvisazione al Second City di Toronto. È co-autrice (spesso con Rosie Shuster) dei suoi personaggi, i più famosi tra quelli originali sono l’anziana e semi-sorda Emily Litella e la fastidiosa reporter (dalle infinite digressioni) Roseanne Roseannadanna, mentre tra le imitazioni indimenticabili ci sono quelle di Patti Smith e Lucille Ball. Il suo one woman show a Broadway nel 1979 è un grande successo e diventa uno special, filmato da Mike Nichols, intitolato Gilda Live. Alla fine di quei primi gloriosi cinque anni cerca la fortuna al cinema, e sul set di Hanky Panky – Fuga per due trova soprattutto l’amore nella persona di Gene Wilder, che sposa nel 1984 e con cui recita anche in La signora in rosso e Luna di miele stregata. Dopo Belushi nel 1982, pure Gilda Radner, una vita tormentata anche dai disturbi alimentari, ci lascia troppo presto, nel 1989, per un cancro alle ovaie, su cui riesce comunque a fare ironia (e sensibilizzazione) nelle sue ultime apparizioni pubbliche.
JANE CURTIN (1975-1980)
Insieme a Gilda Radner e Laraine Newman (tra i fondatori del gruppo d’improvvisazione The Groundlings, in cui si faranno le ossa future cast member come Cheri Oteri, Ana Gastayer, Maya Rudolph e Kristen Wiig), Jane Curtin completa il terzetto femminile degli original seven (il quartetto maschile è formato da John Belushi, Dan Aykroyd, Chevy Chase e Garrett Morris), in una quasi parità, almeno numerica, in anticipo sui tempi ma anche figlia del femminismo Seventies (come dimostra lo sketch collettivo qui sotto, coordinato da Lily Tomlin). Se Newman preferisce non replicare i propri personaggi, Jane Curtin diventa presto il volto di uno dei segmenti dello show fissi e più amati, il finto telegiornale Weekend Update (ne è la prima co-conduttrice). È un ruolo perfetto per il suo stile di comicità, tanto che spesso Curtin viene definita “queen of deadpan”, capace cioè di rispondere impassibile alla surrealtà circostante, amplificando per contrasto la follia sovradimensionata dei personaggi di Belushi e Radner. Ma è anche la matriarca della famiglia Teste di cono, ruolo che riprende nel 1993 nell’omonimo film, accanto a Aykroyd. Post Saturday Night Live mantiene una discreta carriera d’attrice, vincendo due Emmy per la sitcom anni 80 Kate e Allie, e recitando in quella anni 90 Una famiglia del terzo tipo, oltre che in diverse commedie cinematografiche.
JULIA LOUIS-DREYFUS (1982-1985)
Dai palchi del Second City (quello originale di Chicago, e le “sedi staccate” di Toronto e New York) al Saturday Night Live il passo è spesso inaspettatamente breve: ha solo 21 anni Julia Louis-Dreyfus quando viene notata in uno show della Practical Theatre Company e invitata a unirsi al cast, la più giovane di sempre, dove incrocia una delle più grandi star hollywoodiane lanciate dallo show, Eddie Murphy. Ma soprattutto, nel 1985, incontra Larry David, che di lì a poco co-crea la seminale sitcom Seinfeld insieme a Jerry Seinfeld, e chiama proprio Louis-Dreyfus per l’indimenticabile parte della nevrotica Elaine Benes. Del triennio al SNL ha ricordi piuttosto traumatici (come, a dir la verità, quasi tutti), ma infila comunque personaggi ricorrenti memorabili, come la televangelista April May June, e spesso approfitta della giovane età per impersonare l’adolescente ribelle. Naturalmente, lo sappiamo, lo show comico newyorkese non è per lei che l’inizio: dopo Seinfeld, che ha un impatto senza precedenti sulla storia della situation comedy, sarà protagonista incontrastata di The New Adventures of the Old Christine e, ovviamente, di Veep, satira presciente della politica Usa (e non solo): per il ruolo della vicepresidente incompetente Selina Meyers ha vinto sei Emmy, per sei anni consecutivi.
JANEANE GAROFALO (1994-1995)
L’annata numero 20 del Saturday Night Live è considerata tra le peggiori di sempre, con un deciso declino nella qualità degli sketch e un’insoddisfazione generale dei membri del cast, molti dei quali abbandonano il programma alla fine della stagione (Adam Sandler, per esempio). O addirittura in corso, come Janeane Garofalo, che da subito racconta di aver avuto un’esperienza pessima nei suoi sei mesi al programma, relegata – lei che si è sempre fieramente dichiarata femminista – a ruoli secondari e spesso sessisti di moglie, fidanzata, interesse romantico. Ci piace ricordarla qui proprio per sottolineare le difficoltà incontrate dalle performer nel corso dello show, ma soprattutto per rimarcare il suo talento (decisamente sprecato dal SNL) di stand-up comedian osservazionale – o, meglio, come preferisce dire a lei, non “da comica, ma da persona che sa fare osservazioni che fanno ridere”. Nello stesso anno in cui approda al SNL è co-protagonista di uno degli indiscutibili cult movie anni 90, Giovani, carini e disoccupati, diretto dall’amico Ben Stiller (Garofalo ha raggiunto una prima fama nella Ben Stiller Comedy Hour). Non ha mai smesso di fare stand-up (e attivismo politico), nonostante i tanti ruoli al cinema (da Dogma di Kevin Smith alla voce di Colette in Ratatouille) e in tv (West Wing, 24).
MOLLY SHANNON (1995-2001)
Chi ha visto – giusto per citare il titolo più recente – l’ultima stagione di Only Murders in the Building saprà identificare perfettamente le capacità comiche di Molly Shannon, il suo preciso stile d’umorismo che sa far coincidere due apparenti estremi come “nervosismo” e “minaccia”. Al Saturday Night Live arriva nel 1995, proprio prendendo il posto di Janeane Garofalo (vedi sopra), ed è tra i pochi membri del cast a esser riconfermati l’anno successivo, quando Lorne Michaels decide di cambiare molte cose per provare a salvare il programma. Tra i personaggi ricorrenti e amati di Shannon, oltre a imitazioni di protagoniste degli anni 90 come Courtney Love e Monica Lewinsky (e a sketch in coppia con un’altra strepitosa collega, Ana Gastayer), c’è quello – da lei creato, anche su ispirazione “autobiografica” – di Mary Katherine Gallagher, giovane allieva di una scuola cattolica che ambisce a diventare una star, ondeggiando tra timidezza e scatti di follia incontrollabili. Nel 1999 Mary Katherine Gallagher (come spesso accade a sketch ricorrenti del SNL, dai Blues Brothers a Fusi di testa) fa il salto al grande schermo, nel film Superstar, dove Shannon recita accanto al collega Will Ferrell. Tra cinema e tv, ha una filmografia fittissima e talvolta sorprendente (è apparsa in Twin Peaks, addirittura prima di approdare allo show comico della NBC!).
TINA FEY (2000-2006) & AMY POEHLER (2001-2008)
Sono indiscutibilmente due delle figure più celebri a essersi fatte conoscere con il Saturday Night Live, e hanno entrambe due fiorenti carriere ben distinte, però in questo contesto ha senso accoppiare Tina Fey e Amy Poehler, e non solo perché anche nella vita sono grandi amiche, dopo aver esordito entrambe al Second City di Chicago. Sono molti i loro sketch in coppia – tra quelli più celebri, e virali, c’è l’imitazione rispettivamente di Sarah Palin e Hillary Clinton durante la prima campagna elettorale di Obama (vedi sotto) – e, soprattutto, insieme conducono l’ambito segmento Weekend Update dal 2004 al 2008 (la prima conduzione esclusivamente femminile). Selezionata come sceneggiatrice dall’allora head writer Adam McKay, Fey comincia a scrivere per il SNL nel 1997, e dal 1999, dopo l’addio di McKay, diventa la prima donna a capo della writers’ room dello show (l’anno successivo passa poi anche davanti alla telecamera in numerosi sketch, solidificando la sua cifra umoristica distintiva, tra deadpan e self-deprecation), collaborando intensamente sia con Poehler sia con un’altra storica cast member, Rachel Dratch. Dall’esperienza, Fey trarrà poi uno dei suoi più grandi successi, la sitcom 30 Rock, ambientata dietro le quinte di un programma identico al Saturday Night Live; Amy Poehler, con un equilibrio insondabile tra sarcasmo e naiveté, sarà invece protagonista dell’adorabile mockumentary Parks and Recreation, nonché produttrice di serie importanti come Broad City e Russian Doll. E, a oggi, la coppia di amiche-colleghe non si è mai davvero separata, tra indimenticabili co-conduzioni dei Golden Globe, film insieme (tra cui il cult movie scritto da Fey Mean Girls) e ritorni da ospiti e guest star sul palco del SNL.
MAYA RUDOLPH (2000-2007)
Se volessimo trasformare in terzetto l’accoppiata Fey-Poehler, potremmo farlo includendo Maya Rudolph, che con loro condivide gli anni al Saturday Night Live (uno dei periodi più gloriosi, forse secondo solo ai primissimi anni) e moltissimi sketch. Di madre afroamericana, e con un passato da corista, Rudolph dà il meglio di sé nelle imitazioni di personaggi celebri del pantheon black, come Beyoncé, Maya Angelou e Oprah Winfrey, ruoli in cui può anche far volare a livelli altissimi una vena comica basata su una debordante e sovrabbondante sicurezza di sé. Durante e dopo la permanenza al SNL dimostra un talento d’attrice che alla comicità più sfacciata (l’abbiamo amata in The Good Place) sa accostare sfumature serie e riflessive, come nella miniserie Forever (in coppia col collega Fred Armisen) e nel film American Life di Sam Mendes, accanto al John Krasinski di The Office. Compagna del regista Paul Thomas Anderson, appare anche in alcuni suoi film (Vizio di forma, Licorice Pizza), ha pure una intensa carriera da doppiatrice (da Big Mouth a Luca), ed è ora protagonista della comedy Apple TV+ Loot; l’anno scorso è tornata come guest star ricorrente al Saturday Night Live in un’imitazione di Kamala Harris pubblicamente apprezzata dalla stessa ex vicepresidente.
KRISTEN WIIG (2005-2012)
Non è certo la sola, in questo elenco, ma Wiig è un vero e proprio genio comico, impressionante per versatilità (nella stagione 2008-2009 appare in più sketch di qualunque altro membro del cast): abilissima nell’improvvisazione come nei gag più scritti, superlativa in alcune imitazioni (splendide quelle di dive del passato come Gloria Swanson e Katharine Hepburn) così come nei personaggi originali (la piccola pestifera Gilly, l’esagitata Target Lady), con un’energica fisicità slapstick e un’espressività del volto incontenibile. Dopo un decennio almeno di tentativi, raggiunge la sacrosanta fama mondiale nel 2011 come protagonista di Le amiche della sposa di Paul Feig (la sposa del titolo è interpretata da Maya Rudolph; con la sceneggiatrice di quel film, Annie Mumolo, è tornata recentemente a collaborare nel film Barb e Star vanno a Vista del Mar) – anche se noi l’abbiamo scoperta e amata qualche anno prima nell’esordio da regista di Drew Barrymore Whip It. Avvia così una carriera su grande schermo che comprende, tra doppiaggi e perfino cinecomix (è la cattiva di Wonder Woman: 1984) anche il contestato Ghostbusters del 2016, tentativo (sempre di Feig) di riproporre a generi invertiti il cult anni 80, affidando – proprio come accadde all’epoca – i ruoli di acchiappafantasmi a comedian di fama (oltre a Wiig, le colleghe di SNL Kate McKinnon e Leslie Jones, e Melissa McCarthy). Oggi Wiig è la star – tra le star – della serie Apple TV+ Palm Royale, ma la aspettiamo in nuove prove comiche, magari con un tocco in più di demenziale, in cui sa eccellere come pochi altri.
KATE MCKINNON (2012-2022)
A proposito di demenziale, quasi a raccogliere il testimone da Wiig (poi sua co-star in Ghostbusters) nel 2012 arriva Kate McKinnon, e più o meno insieme a lei un drappello di comiche – Aidy Bryant, Cecily Strong, Vanessa Bayer, Sasheer Zamata – in grado di recuperare presto il favore del pubblico dopo l’abbandono della precedente generazione di grandi nomi. Dichiaratamente lesbica (al SNL prima di lei le uniche comedian gay sono state Denny Dillon e Danitra Vance negli anni 80, ma hanno fatto coming out solo successivamente), McKinnon è famosa – tra le altre cose – per la frequenza con cui riesce a far uscire dal personaggio i colleghi e gli ospiti, portandoli a ridere fino alle lacrime nel bel mezzo di uno sketch; è versatilissima nelle imitazioni – può “diventare” pressoché chiunque, da Hillary Clinton a Justin Bieber, da Angela Merkel a Rudolph Giuliani – ma è anche l’anima di sketch ricorrenti indimenticabili, come quello sulle vittime di rapimenti alieni cui qualche giorno fa, nell’episodio speciale che celebrava i 50 anni del SNL, si è prestata anche Meryl Streep. Occhi giganteschi e sorriso da maniaca, al cinema dà il meglio di sé come comprimaria incontenibile, dal già citato Ghostbusters (perfino i detrattori, almeno quelli non in totale malafede, hanno dovuto riconoscere la sua efficacia) fino alla perfezione di Barbie stramba in Barbie di Greta Gerwig. In ruoli non comici l’abbiamo vista sempre accanto a Margot Robbie nel film Bombshell, e nella parte di Carole Baskin in Joe vs. Carole, rielaborazione fiction della docuserie Tiger King.
SARAH SHERMAN (2021-in corso)
Tra i volti della nuova guardia – Chloe Fineman (apparsa lo scorso anno in Megalopolis di Francis Ford Coppola), Heidi Gardner, Ego Nwodim – scegliamo Sarah Sherman, nota anche come Sarah Squirm. Classe 1993, è portatrice di una comicità dissonante rispetto all’ormai consolidato (e frequentemente impomatato) standard del SNL, uno stile che a tratti sa richiamare l’anarchia degli inizi dello show. Soprattutto, ha una passione per il disgusto, il body horror, le modificazioni fisiche via trucco e prostetica (o effetti speciali), in direzioni surreali – al punto che dai suoi spettacoli di stand-up (decisamente più estremi del materiale portato in tv) si racconta che qualche spettatore sia fuggito non sentendosi troppo bene. E quando non si dedica a sketch (co-scritti da lei) in cui interpreta una ragazza con gli occhi di plastica, o coperta da polpette antropomorfe canterine (!), impersona un’abrasiva versione di se stessa nel Weekend Update, dove – in outfit coloratissimi: ha più volte dichiarato una grande ammirazione per Fran “La tata” Drescher – tormenta il conduttore Colin Jost. Fuori dagli studi del SNL, oltre a vari ingaggi come doppiatrice, ha interpretato la rabbina Rebecca nel Sandler/Netflix movie Non sei invitata al mio bat mitvah. Non vediamo l’ora di scoprire le sue prossime mosse.
ALICE CUCCHETTI
Si avvicina la fine di questa – faticosa e imprevedibile – stagione dei premi: gli Oscar verranno consegnati il prossimo 2 marzo. Tra le attrici in gara c’è anche Isabella Rossellini, come non protagonista per Conclave, alla prima nomination, a 72 anni, e dopo quasi cinquant’anni di carriera. Qualche giorno fa ha rilasciato questa bella intervista al “New York Times” [in inglese].
Dal 22 febbraio al 2 marzo si svolge ad Aosta la seconda edizione di Black History Month – Storie da ricucire, una rassegna di appuntamenti diversi (incontri, workshop, musica e cortometraggi) dedicati alla storia della diaspora africana. Sabato 22 febbraio, invece, alla Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté di Roma è in programma un incontro gratuito con la regista e sceneggiatrice Francesca Comencini e con la sorella Paola, scenografa e costumista.
Se anche voi in questi giorni vi state interrogando su se e come continuare ad abitare le piattaforme social di Mark Zuckerberg, Elon Musk e oligarchi trumpiani vari, la scrittrice Eleonora Caruso ha iniziato a pubblicare una newsletter, Il Carusello, in cui riflette sulla propria esperienza su internet e aggiorna sui suoi tentativi di trovare spazi alternativi, più etici e sostenibili (anche per la nostra salute mentale). È gratis, ve la consigliamo.