Singolare, femminile ♀ #091: La bottega dei dipinti danzanti
Animatrice, illustratrice, fumettista: Mara Cerri è una delle più brillanti esponenti della corrente neopittorica del cartoon italiano. Ha firmato, tra le altre cose, il graphic novel tratto da L’amica geniale, il manifesto di Lazzaro felice, cortometraggi premiati e videoclip, ed è in corso una mostra a lei dedicata. L’abbiamo intervistata.
Una cameretta con tanti giocattoli, un sottoscala, una scatola piena di oggetti, un buco, lo spazio nero sotto il letto. Ci sono molti pertugi – piccoli antri in cui infilarsi per guardare oltre, per osservare la realtà attraverso la lente del sogno e del ricordo – nell’opera di Mara Cerri, illustratrice e regista, creatrice di immagini oniriche. È nata nel 1978 a Pesaro, in quell’Italia centrale dalla quale provengono tanti altri artisti che hanno studiato cinema d’animazione alla scuola di Urbino (tra cui l’amica e collaboratrice Magda Guidi, e Simone Massi, Gianluigi Toccafondo, Roberto Catani), «autori schivi, taciturni» che Giannalberto Bendazzi e la sua allieva Priscilla Mancini hanno raccolto sotto il nome di corrente neopittorica (si legga a proposito L’animazione dipinta – La corrente neopittorica del cartoon italiano di Priscilla Mancini, Tunué, 2016), un gruppo eterogeneo ma affine per sensibilità che ha in comune soprattutto un simile modo di produzione indipendente.
In questo «mondo sotterraneo» lavora come un’artista-artigiana di bottega anche Mara Cerri, saltellando in punta di piedi da un medium all’altro, adattando a linguaggi differenti il suo «stile etereo, dai contorni evanescenti», il suo mondo surreale, sospeso, abitato da bambini e ragazzi che captano l’invisibile con i loro occhi spalancati. E dunque uno dei tratti distintivi della corrente neopittorica, cioè «una perenne trasformazione delle forme, una continua metamorfosi dei contorni», si traduce anche in una libertà di movimento tra le arti. Così Mara Cerri ha creato corrispondenze tra immagini e parole illustrando libri per ragazzi e non (da I libri di Oz di Frank L. Baum al recente L’invenzione dell’amore di Daniel Filipe, tradotto da Alice Rohrwacher), realizzandone altri a più mani (per citarne alcuni: Il nuotatore con Paolo Cognetti, La pantera sotto il letto con Andrea Bajani, Il segreto con Nadia Terranova) e pubblicandone tre da sola: Dentro gli occhi cosa resta (2004), raccolta di brevi testi accompagnati da disegni sui ricordi d’infanzia e il loro lento dissolversi con l’età; l’albo A una stella cadente (2007) in cui parole e immagini si fondono rincorrendosi, custodi di sette desideri di altrettante ragazze; Via Curiel 8, ancora una fantasticheria, trasposta poi al cinema, che si tuffa nelle memorie infantili di un ragazzo e una ragazza, mutandole in misteriose visioni.
Ha sfiorato anche la musica (i disegni per l’album Vago svanendo di John De Leo e il videoclip Se proprio devo per Giacomo Toni); ha sperimentato con Massimo Ottoni curando laboratori di animazione per bambini (i «laboratori di carta», dove ritagli di carta velina vengono accostati e fatti muovere su un banco luminoso) e ha firmato con Chiara Lagani dei Fanny and Alexander il fumetto tratto da L’amica geniale di Elena Ferrante (Coconino Press, 2020), diventato poi anche uno spettacolo teatrale, in scena all’inizio di quest’anno. E ha lavorato con le immagini in movimento, il cinema d’animazione, che per lei «è una magia, è l’alito soffiato dentro un disegno».
È autrice, insieme alla sodale Magda Guidi, di due corti: nel 2011, Via Curiel 8, miglior corto italiano al Torino Film Festival, incontro forse solo immaginato di due personaggi smarriti tra sogno e realtà, presente e passato; nel 2020, Sogni al campo, presentato in Orizzonti a Venezia, immersione nell’animo di ragazzino che affronta la paura e la perdita (cerca il suo gatto rosso ma non lo trova: è ormai lontano, perduto in un altrove dai contorni sfumati). Oltre ai cortometraggi, Mara Cerri ha realizzato gli inserti animati del doc Ferrante Fever (su RaiPlay) e ha disegnato il manifesto di Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, regista con la quale condivide il lavoro artigianale – l’animazione tradizionale per una, la pellicola per l’altra – e una medesima dimensione magica, piena di mistero, dove trovano spazio i racconti di una precisa fase della vita, quella via di mezzo tra l’essere bambini e il diventare adulti. Mentre a Cattolica è in corso fino al 4 giugno una personale a lei dedicata, Mari di sabbia, Mara Cerri ha disegnato per noi la copertina di Film Tv n. 15/2023 e per l’occasione l’abbiamo incontrata.
Nel tuo lavoro ti sei confrontata con forme e linguaggi differenti: il cinema, il teatro, la letteratura, il fumetto, il videoclip… Come se l’animazione avesse un modo tutto suo, molto libero, fluido, di muoversi attraverso le storie.
Sì, l’animazione crea sempre una linea parallela rispetto a un linguaggio altro, produce sempre lo specchio del reale. Il lavoro dell’animazione artigianale si fa frame by frame, fotogramma per fotogramma, un processo che scompone un’immagine in tanti frammenti anche di un singolo secondo: io e Magda Guidi lavoriamo a passo tre, quindi realizziamo otto disegni per ogni secondo, e di conseguenza questo metodo restituisce una complessità dell’animo che è grande. È inoltre un atteggiamento che ti permette di entrare in piccoli pertugi rispetto a quello che stai raccontando, dove la tentazione di perdersi è tanta.
Questo movimento fluido, in perenne metamorfosi, si riflette anche nei tuoi disegni, dove ci sono spesso oggetti che si trasformano in porte e voragini verso un altrove. C’è infatti un gesto ricorrente nei tuoi corti, quello di scostare qualcosa, un velo o qualcosa di simile, per guardare oltre: dietro la carta da parati in Via Curiel 8 o anche in mezzo all’erba alta in Sogni al campo…
C’è sempre una soglia da oltrepassare, come se l’animazione, il gesto di disegnare, permettesse di grattare, raschiare via un velo invisibile, una superficie che può essere consumata e rotta per guardare dall’altra parte. C’è sempre il tentativo di andare oltre. Nel caso di Via Curiel 8 c’è la condivisione di un mondo invisibile tra due personaggi, nel caso di Sogni al campo, invece, c’è il tentativo di destinare a un altrove alcuni elementi che non possiamo riferire al mondo tangibile, quello in cui viviamo. E l’animazione è una tecnica che offre infinite possibilità di trasformazioni, che sovverte le dimensioni rispetto al cinema dal vero, che invece più spesso gioca con campi e controcampi. L’animazione può davvero stravolgere tutto: così un piccolo buco diventa una voragine. E poi c’è sempre questo vibrare, perché la materia pittorica vibra in continuazione nell’animazione, ha una sua forza interna.
Un modus operandi di questo tipo risulta molto in contrasto con la rapidità del mondo contemporaneo, che ha un’immediatezza quasi ostinata. L’animazione tradizionale sembra invece resistervi, recuperando e rivendicando la dimensione di un tempo lento.
Sì, hai centrato sicuramente un punto fondamentale, io e Magda ci ritroviamo spesso a pensarci. Purtroppo per questo nostro tipo di animazione sembra quasi che non ci sia posto, per come vanno le cose adesso, eppure è custode di un metodo di lavoro e di un modo di vivere il tempo tutto suo. Perché io sono convintissima che il mezzo che usiamo influisce sulla narrazione stessa, e alcuni dettagli che scopriamo attraverso questa tecnica, rispetto alla realtà, alla percezione che hai del reale, non potremmo trovarli altrimenti, sono profondamente legati al nostro modo di procedere. E anche la scansione del tempo è diversa: a volte riguardando alcune scene dei nostri corti sentiamo scorrerci addosso la vita che abbiamo vissuto durante i momenti in cui le realizzavamo. Magari su una singola scena abbiamo lavorato mesi, prima abbiamo dovuto disegnarla, poi colorarla, c’è stata una stratificazione di tempo della nostra vita, e questo torna nelle intuizioni che abbiamo quando lavoriamo a qualcosa; succede quando prepariamo uno storyboard, ma mi è capitato anche per il fumetto di L’amica geniale. C’è un affastellarsi del tempo, ci sono tante stratificazioni sopra la stessa immagine e questo suggerisce soluzioni narrative inedite.
L’animazione tradizionale al cinema sembra occupare sempre uno spazio decentrato rispetto alle strade maestre: che ruolo ha oggi in Italia? Pensi ci siano finalmente maggiori attenzioni e sostegni ai lavori realizzati con questa tecnica?
Sicuramente ci sono un’attenzione e un interesse che si manifestano più spesso, so per esempio che Simone Massi sta finendo di lavorare al suo primo lungometraggio animato e quindi mi sento di dire che alcune cose stanno succedendo, l’atteggiamento sta cambiando. Però secondo me, guardando all’esperienza mia e di Magda, il problema in fase progettuale risiede in uno scollamento tra come noi percepiamo l’animazione e il modo di lavorare della produzione. Nell’animazione tante cose le scopri strada facendo, il fare porta a delle intuizioni che sono difficilmente prevedibili all’inizio. Il bello è proprio abbandonarcisi, e prendere strade un po’ più sperimentali, ma chi progetta un film in maniera più tradizionale non ha quella disponibilità di tempo e tentativi, tutto deve essere definito dal principio, e questo per noi è difficile. A volte, in certi film, vedi che le storie appoggiano su strutture già fatte, come se si dovesse rivestire qualcosa che ha già un suo scheletro. Ecco, invece sarebbero bello poter spostare qualcosa da dentro. Magari oggi ci sono prodotti precisissimi, perfetti, meccanismi ineccepibili, però a volte quello che vorremmo fare noi è dare un cazzotto a quella struttura perfetta. E dopo ricostruirla e farla stare in equilibrio, ma un equilibrio nuovo. GIULIA BONA
Crediti delle illustrazioni:
(1) Il nuotatore: Mara Cerri/Orecchio Acerbo Editore
(2) La pantera sotto il letto: Mara Cerri/Orecchio Acerbo Editore
(3, 4) Sogni al campo: Withstand film e MIYU Productions
I diritti del cortometraggio Via Curiel 8 sono di Sacrebleu Productions
Da un’animatrice italiana a una internazionale: da ieri, martedì 18 aprile, è disponibile sulla piattaforma IWONDERFULL e sul relativo Prime Video Channel il lungometraggio My Love Affair with Marriage, firmato da Signe Baumane, artista e regista di origini lettoni trapiantata negli Stati Uniti. L’abbiamo intervistata per il n. 15 di Film Tv.
Al cervello non si comanda - Intervista a Signe Baumane
«Ho girato parecchi corti che parlavano di sesso, e poi un lungometraggio sulla depressione, Rocks in My Pockets. Nel mio nuovo lavoro desideravo combinare questi due elementi, il sesso e la depressione, quindi ho fatto un film sul matrimonio». Premiatissima animatrice lettone trapiantata negli Stati Uniti, Signe Baumane introduce così My Love Affair with Marriage, dal 18/4/2023 su IWONDERFULL a € 7,99 e su IWONDERFULL Prime Video Channel: l’irriverente coming of age di una giovane donna che cerca l’Amore e invece trova se stessa, ma anche un musical scanzonato e, ancora, un «thriller biologico» che passa i sentimenti al vaglio delle neuroscienze.
In My Love Affair with Marriage la concezione romantica e tradizionale dell’amore collide con la sua puntuale disamina scientifica.
Sai, dell’amore si parla sempre in termini astratti, nelle poesie e nelle canzoni, mentre io ero interessata a riportarlo alla sua dimensione più prosaica e concreta. Così, accanto alle tre Sirene che coi loro brani musicali accompagnano Zelma nel suo percorso di scoperta - veicolando, di fatto, la voce della tradizione -, ho creato Biologia, un esserino che spiega cause ed effetti dell’amore dal punto di vista delle neuroscienze. Per scrivere quei segmenti ho fatto ricerche molto lunghe, con un docente dell’Università di New York.
Un doppio approccio che ti consente di sviscerare il tema a fondo, toccando tanti discorsi cruciali oggi più che mai: l’identità di genere, la violenza domestica, il patriarcato, l’autodeterminazione...
È buffo: quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, quasi tutti negli Usa ci aspettavamo che a breve sarebbe stata eletta presidente una donna. Temevo che il film sarebbe “invecchiato” subito e invece, poi, le cose hanno preso tutt’altra piega... L’“HuffPost” lo ha definito «uno dei migliori film di resistenza femminile dell’anno» e questo un po’ mi rattrista: preferirei che di storie così non ci fosse più tanto bisogno…
Sei stata pluripremiata nei principali festival di cinema d’animazione, eppure film come il tuo faticano ad arrivare al grande pubblico. Che ne pensi?
Ancora oggi, purtroppo, i film d’animazione sono spesso associati a un pubblico infantile. È un pregiudizio creato dai grandi studios, smantellarlo è un po’ la missione della mia vita: l’animazione non è un genere a sé stante ma una forma d’arte. Un medium serissimo attraverso cui si possono portare sullo schermo storie importanti e stratificate, spaziando dal micro al macro con una libertà impensabile in ambito live action: si può illustrare quel che accade dentro un personaggio e poi zoomare indietro, come faccio io qui, per mostrare il suo posizionamento su una cartina politica del mondo. Trovo frustrante che il pubblico vada ancora educato in questo senso, ma è anche vero che il fatto di esser stata un po’ snobbata dall’industria - per via del mio modo di lavorare ai margini tra live action e animazione vera e propria, con set tridimensionali e personaggi disegnati in 2D - mi permette di avere assoluta carta bianca. Quanti, oggi, possono dirlo?
CATERINA BOGNO
Martedì prossimo è il 25 aprile e celebreremo la Festa della liberazione dal nazifascismo, con rinnovata urgenza. Nell’attesa, vi segnaliamo quest’articolo di Domani sul ruolo delle partigiane e delle donne nella Resistenza italiana, e vi suggeriamo la lettura del libro La Resistenza delle donne di Benedetta Tobagi, pubblicato qualche mese fa da Einaudi. Nel podcast Belle storie di RaiPlaySound, poi, sono molte le puntate dedicate a partigiane, mentre sul sito www.noipartigiani.it è da pochi giorni disponibile un podcast di Laura Gnocchi e Gad Lerner, con un episodio interamente dedicato alla partecipazione femminile all’attività partigiana. Il 24 aprile tornerà poi in sala il doc Bella ciao di Giulia Giapponesi.
Dal 20 al 23 aprile a Roma si svolge Immaginaria – International Film Festival of Lesbians and Other Rebellious Women, giunto alla 18ª edizione: quattro giorni di proiezioni, spettacoli di stand-up comedy e presentazioni letterarie. È in corso fino al 23 aprile, a Torino, il 38° Lovers Film Festival, il più longevo festival su temi LGBTQIA+ d’Europa, diretto da Vladimir Luxuria, con Ambra Angiolini come madrina e un’esibizione di Paola e Chiara nella serata di chiusura.
Se nonostante la primavera e i ponti non volete rinunciare a visioni cinetelevisive, segnaliamo che il 21 aprile, su Prime Video, arriva Inseparabili, remake seriale dell’omonimo cult movie di David Cronenberg, con gender swap della doppia protagonista: sarà Rachel Weisz a incarnare le inquietanti gemelle ginecologhe al centro del racconto, riscritto dalla drammaturga e sceneggiatrice Alice Birch, già autrice degli script di Lady Macbeth e Il prodigio, e degli adattamenti da Sally Rooney Normal People e Conversations with Friends. Sul Guardian, una bella intervista a Rachel Weisz [in inglese].
Il prossimo mercoledì Singolare, femminile si prende una pausa. Ci rivediamo il 3 maggio, nel frattempo: buona Resistenza e buona Festa dei lavoratori!