Singolare, femminile ♀ #059: Lost in Austen
L’uscita di Persuasione su Netflix e di Fire Island (liberissimo adattamento di Orgoglio e pregiudizio) su Disney+ ci danno l’occasione per ripercorrere gli innumerevoli adattamenti da Jane Austen per piccolo e grande schermo: una top ten che coniuga ragione e sentimento.
«Non credo di aver mai aperto un libro in vita mia che non avesse da dire la sua sull'incostanza delle donne. Ma forse voi obietterete che sono stati scritti tutti da uomini».
«Forse lo farò. Sì, sì, vi prego, niente riferimenti agli esempi nei libri. Gli uomini hanno avuto su di noi ogni vantaggio nel narrare la loro storia. L'istruzione è stata sempre appannaggio loro a un livello tanto più alto; la penna è stata nelle loro mani».
In questo dialogo di Persuasione sta già tutta la poetica e la politica di Jane Austen, sovente identificata superficialmente come l'autrice che - con soli sei romanzi - un paio di secoli fa ha messo a punto la commedia romantica, e che invece con l'acume della sua penna rivendicava il diritto di poter raccontare le donne, il loro mondo interiore, la loro complessità, all'interno di una società costruita sul matrimonio come struttura economica, dove il ruolo di moglie era l'unico possibile - tragicamente necessario - per ciascuna. La possibilità di sottrarre agli uomini il monopolio delle narrazioni del femminile, e di offrire invece l'ironia, la tensione, il cinismo perfino del punto di vista delle donne della sua epoca, è lo slancio rivoluzionario di Austen, inesauribile "sceneggiatrice" da Hollywood a Bollywood, con quasi un centinaio di titoli accreditati su IMDb tratti - più o meno liberamente - dalla manciata di sue opere immortali. E non solo: l'universo austeniano è ormai un vero e proprio "luogo", una dimensione da esplorare o rimodellare, come dimostrano commedie più o meno dimenticabili come Alla ricerca di Jane (su un parco a tema che offre una vera "Jane Austen experience") o Lost in Austen (su una ragazza di oggi catapultata all'interno di Orgoglio e pregiudizio), ma anche esperimenti come Bridgerton, la serie Netflix tratta dai romanzi di Julia Quinn che aggiunge diversity, sex positivity e femminismo a trame e atmosfere alla Jane Austen.
E sempre su Netflix è disponibile da pochi giorni proprio una nuova trasposizione di Persuasione (diretta da Carrie Cracknell), che curiosamente omette il cruciale dialogo succitato, pur cercando con veemenza di far proprio lo spirito di Austen in una versione smaccatamente postmoderna: affidato all'incessante narrazione di un'ammiccante Dakota Johnson in continua frantumazione della quarta parete, il monologo interiore della tormentata Anne Elliot viene qui punteggiato di anacronismi e modellato sull'ironia sarcastica della Phoebe Waller-Bridge di Fleabag. Una riverniciatura contemporanea che fa parte del vasto universo di riletture cinematografiche di Austen, abbondanti dagli anni 90 in poi, con risultati ondivaghi, e che insegue l'idea di un "Persuasione per millennial" sottovalutando la potenza e la precisione della prosa di Austen, capace di attraversare i secoli ed essere già, come solo i grandi scrittori sanno fare, in grado di parlare in modo squillante alle generazioni a venire.
Un esempio portato agli estremi della qualità universale di Austen l'abbiamo in un altro recentissimo adattamento, più fantasioso del nuovo Persuasione e meno sciocco di quanto sembri: in Fire Island di Andrew Ahn, su Disney+, le sorelle Bennet di Orgoglio e pregiudizio sono rimpiazzate da cinque amici omosessuali newyorkesi, in vacanza in un paradiso LGBT+ pullulante però di individui più ricchi e più bianchi di loro. Dopo un inizio che sbertuccia affettuosamente il celebre incipit del romanzo («È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un buon patrimonio debba necessariamente cercare una moglie»; «Non offenderti Jane, ma mi pare puro nonsense eterosessuale», commenta il protagonista e sceneggiatore Joel Kim Booster), la commedia procede a intessere tra i personaggi le medesime relazioni di invidia di classe, preconcetti e incomprensione scritte da Austen, adattandole dalle famiglie inglesi dell'era Regency ai gruppi di amici provenienti da culture e coste statunitensi opposte. La sceneggiatura omaggia lo spirito fiero di Elizabeth Bennet e il suo contraddittorio rapporto col romanticismo, croce e delizia dei protagonisti del film, con qualche arguzia, molte scene esplicite (difficilmente Austen avrebbe immaginato un "mutanda party" al posto del ballo) e un'idea di aggiornamento al contemporaneo comunque più stratificata e interessante di prodotti come Orgoglio e pregiudizio e zombie, confermando che Austen, un po' come Shakespeare, può davvero essere usata come base per copioni di ogni genere (e orientamento).
Cogliamo l'occasione dell'uscita di questi due nuovi titoli per mettere a punto una top ten dei migliori adattamenti (per il piccolo e grande schermo) da Jane Austen.
1. Ragione e sentimento di Ang Lee, 1995 (disponibile su Rakuten)
Se questo resta, secondo molti, un esempio insuperato di trasposizione austeniana, lo si deve a due donne: la produttrice Lindsay Doran e la star e sceneggiatrice Emma Thompson. Doran incaricò l'attrice britannica di lavorare allo script all'inizio degli anni 90, quando Thompson era celebre soprattutto per i suoi sketch comici in tv; negli anni che il progetto austeniano impiega a carburare, diventa pure una star, vince un Oscar e insieme a Doran sceglie Ang Lee come regista del loro Ragione e sentimento. Che, grazie a uno script affilato, capace di distillare l'ironia di Austen e renderla moderna senza tradirne la prosa, grazie a un cast in stato di grazia (accanto a Thompson, il compianto Alan Rickman e una luminosa Kate Winslet) e grazie alla regia attenta di Lee si rivela una gemma. E vale a Thompson un Oscar come migliore sceneggiatrice.
2. Orgoglio e pregiudizio creata da Andrew Davies, 1995 (disponibile in dvd)
Se ci limitiamo al piccolo schermo, non ci sono dubbi: la miniserie BBC firmata dall'indefesso austeniano Andrew Davies e diretta da Simon Langton è il modello ancora da superare, dopo quasi trent'anni. Merito della coppia di protagonisti, Jennifer Ehle nei panni di Elizabeth e Colin Firth in quelli di Mr Darcy (un ruolo che gli resterà addosso, e che sarà omaggiato dal suo personaggio in Il diario di Bridget Jones, a sua volta molto liberamente ispirato a Orgoglio e pregiudizio), ma anche di una sceneggiatura che cesella e arricchisce i personaggi dando più spazio al punto di vista di Darcy. Protagonista pure dell'indimenticata scena in camicia bianca e bagnata di cui a Firth viene ancora chiesto conto più o meno in un'intervista su due.
3. Orgoglio e pregiudizio di Joe Wright, 2005 (disponibile su Timvision, SkyGo, NOW)
Se c'è un regista contemporaneo capace di dare vigore e carne alla pagina scritta, quello è Joe Wright. E se c'è un'attrice nata per incarnare le nevrosi e la fierezza delle eroine austeniane, quella è Keira Knightley. Il risultato è esplosivo per vitalità della messa in scena, con la macchina da presa vorticosa a dare forma ai sentimenti sullo schermo, e una regia abile nel rappresentare le brutali e aride macchinazioni economiche dietro l'istituto del matrimonio, senza con ciò perdere un grammo della tensione di una delle più grandi storie d'amore mai scritte.
4. Ragazze a Beverly Hills di Amy Heckerling, 1995 (disponibile su Rakuten, Chili, Timvision)
Negli anni c'è stata la succitata Bridget Jones, la versione musical bollywoodiano Matrimoni e pregiudizi, la webserie The Lizzie Bennet Diaries costruita a mo' di vlog, e innumerevoli, più o meno fantasiosi, più o meno pretenziosi, tentativi di aggiornare Austen ai tempi moderni. Ma solo questo resta un cult: Emma trasformato in coming of age liceale anni 90, con Emma Woodhouse reincarnata nella vanesia Cher di Alicia Silverstone e la compianta Brittany Murphy a far da cavia per le sue manovre da intermediaria di altrui innamoramenti. Brillante e iper citato.
5. Amore e inganni di Whit Stillman, 2016 (disponibile in dvd)
Il titolo originale, Love and Friendship, è quello di uno dei juvenilia di Austen; ma il film è in realtà la trasposizione del racconto epistolare Lady Susan. Whit Stillman, che agli intrecci di Austen e al suo sguardo ironicamente feroce verso la middle class ha guardato per tutta la sua filmografia (e che con Metropolitan firmava una versione molto libera di Mansfield Park), qui esplicita la sua devozione portando in scena la ricerca di facoltosi mariti (uno per sé, uno per la figlia) della vedova Susan, interpretata da una fulgida e sorniona Kate Beckinsale (già Emma in un tv movie del 1996).
6. Emma. di Autumn De Wilde, 2020 (disponibile su Rakuten, Chili, Timvision)
E a proposito di Emme: non ce ne vogliano l'elegante Gwyneth Paltrow del film del 1996, né la vulnerabile Romola Garai della miniserie del 2009, ma l'Anya Taylor Joy diretta con complicità sublime da Autumn De Wilde è la Woodhouse da battere per i prossimi decenni (il punto dopo il nome non lascia dubbi). Nelle scenografie iper sature di De Wilde, precise e soffocanti come un inferno fatto di macaron pastello, va in scena la danza delle ipocrisie di cui Emma si crede burattinaia, almeno finché non resta nella trappola con la sua viva carne (e perde sangue dal naso come le supereroine stremate dei cinecomics).
7. Persuasione di Roger Michell, 1995 (disponibile su Prime Video)
La sua messa in onda, come tv movie, sulla televisione britannica nella primavera del 1995 dà, tecnicamente, la stura alla densissima stagione austeniana di metà anni 90 (basti vedere i titoli succitati). L'esordio nel lungo di finzione del futuro regista di Notting Hill si distingue per la sua ricerca di autenticità: niente trucco per gli attori, niente acconciature complicate, niente décor da carillon. Anne Elliot e il capitano Wentworth (Amanda Root e Ciaran Hinds, meravigliosi entrambi) vivono il tormento di un amore mai sopito, del rimpianto e dell'orgoglio in quasi totale silenzio: il monologo interiore del romanzo è taciuto, tutto è trasmesso dalla regia e dalle prove attoriali, dalle sapienti ellissi. E da quel magnifico bacio finale, mentre intorno scorre il circo, e poi gli amanti soli.
8. Mansfield Park di Patricia Rozema, 1999 (disponibile in dvd)
Da uno dei romanzi meno trasposti sullo schermo, Rozema distilla un film che tenta - riuscendoci a tratti - di scompaginare gli assunti polverosi del film in costume, impastando il personaggio di Fanny Price con parole e pensieri autografi di Jane Austen (tratti da lettere e juvenilia) e mettendo l'enfasi sui temi che nel libro restavano in sottotraccia, dal femminismo alla condanna dello schiavismo su cui si edifica la fortuna della famiglia Bertram.
9. L'abbazia di Northanger di Jon Jones, 2007 (disponibile su Prime Video)
C'è sempre Andrew Davies dietro l'adattamento del romanzo, postumo come Persuasione, incentrato sull'amante di novelle gotiche Catherine Morland (interpretata da Felicity Jones), che crede di essere incappata in un intrigo sovrannaturale ma è solo preda del consueto ingranaggio di avidità ed egoismi che Austen sa così bene orchestrare in satira. Negli anni 90 (e quando, altrimenti?) Ashley Judd è stata protagonista di una versione contemporanea (e assai libera) dal titolo Ruby in paradiso (di Victor Nunez).
10. Sanditon creata da Andrew Davies, 2019 (disponibile su Sky, NOW)
Ancora Davies per un progetto audace, in tutti sensi: portare sul piccolo schermo un'opera incompiuta di Austen, di cui esistono solo i primi 11 capitoli. Lo sceneggiatore si cimenta quindi con la prosecuzione del suo scritto, aggiornando le trame di Jane con scene sessualmente esplicite; i fan hanno talmente apprezzato da convincere il canale ITV, che l'aveva cancellata dopo la prima annata, a rinnovarla per altre due stagioni (la seconda è in onda in queste settimane su Sky Serie), ostinatamente alla ricerca di Jane. ILARIA FEOLE
A Jane Austen e al suo notevole successo cinematografico, soprattutto a partire dalla metà degli anni 90, abbiamo dedicato una Lost Highway in occasione dell’uscita dell’Emma. di Autumn De Wilde, sul n. 13/2020: ve la riproponiamo.
Intramontabile Jane
Sei romanzi, scritti tra il 1795 e il 1813: Ragione e sentimento, Orgoglio e pregudizio, Mansfield Park ed Emma pubblicati tra il 1811 e il 1815, e L’abbazia di Northanger e Persuasione postumi, dopo la morte della scrittrice, avvenuta nel 1817. Quando morì, signorina, Jane Austen aveva quarantadue anni, viveva con la sorella Cassandra nel cottage di Chawton, diventato poi il Jane Austen’s House Museum, e aveva un discreto seguito tra il pubblico istruito. «A novel by a lady» stava scritto sul frontespizio dei suoi libri; oppure, dopo il primo romanzo, «By the author of Sense and Sensibility», perché a quell’epoca le signorine non usavano esporre in pubblico i loro talenti e tanto meno guadagnarci. Fu alla metà dell’Ottocento, dopo che un suo nipote pubblicò A Memoir of Jane Austen, che la sua fama cominciò ad allargarsi, i suoi romanzi furono ripubblicati (anche in paperback) e gli storici della letteratura cominciarono a dibattere sulle caratteristiche della sua prosa e dei suoi temi e personaggi. E da lì, attraverso un secolo, Jane Austen divenne uno dei maggiori scrittori di lingua inglese e, con il Novecento, oggetto di studi femministi approfonditi. Sempre sospesa tra la “ragionevolezza” che entra non solo nel titolo del suo primo romanzo ma anche in tutte le dissertazioni e le trame delle sue protagoniste, e il “sentimento” che a volte queste trame sconvolge. Uno stile notevolissimo e una descrizione dettagliata e acuminata della società borghese e benestante che la circondava fanno dei suoi romanzi veri e propri trattati di psicologia sociale e femminile. Tutte le sue protagoniste sono donne, che inseguono l’amore e il matrimonio come scopo principale della vita ma che, soprattutto, ci ragionano sopra, come le due diverse sorelle di Ragione e sentimento. Donne che sfidano sullo stesso terreno l’alterigia maschile, come Elizabeth Bennet, faccia a faccia con il severo Mr. Darcy in Orgoglio e pregiudizio. Donne che rimpiangono un matrimonio mancato e afferrano il destino che si ripresenta loro, come Anne Elliot in Persuasione. E donne come Emma, che invece tessono incessantemente e maldestramente la vita altrui, perdendo di vista la propria. Emma Woodhouse non è simpatica; come disse la scrittrice, «ho scelto un’eroina che non piacerà molto a nessuno, tranne a me». Eppure, con Elizabeth Bennet, è diventata il personaggio quintessenziale della Austen: il simbolo del suo mondo, la leva del freno che frapponeva tra la sua minuziosa razionalità settecentesca e l’incalzare del romanticismo. Nel 1975, uno storico e critico che la apprezzava, Mario Praz, scriveva della distanza inevitabile che correva tra le storie di famiglie, villaggi e salotti di Jane Austen e le giovani generazioni, insofferenti ai freni. Infatti, nel cinema (veicolo romantico per eccellenza) appare pochissimo fino al secondo dopoguerra, a parte il classico Orgoglio e pregiudizio di Robert Z. Leonard del 1940, con una Greer Garson non abbastanza petulante ma un Laurence Olivier perfetto, scostante e fascinoso Mr. Darcy. Negli anni 50 è la televisione, a caccia di storie, che comincia a saccheggiarla: a partire da Orgoglio e pregiudizio in sei puntate del 1952 (con Peter Cushing, futuro cacciatore di vampiri per gli horror Hammer, nella parte di Mr. Darcy) e da quello in cinque puntate della Rai (con Virna Lisi nella parte di Elizabeth), è tutto un susseguirsi di serie televisive britanniche, americane, tedesche, francesi, latinoamericane, indiane. Che culminano nell’Orgoglio e pregiudizio BBC del 1995 che rese famoso Colin Firth (Mr. Darcy) e che ci porta dritti alla moderna austeniana working girl di Helen Fielding: Bridget Jones, con a fianco il solito riottoso Darcy. Le serie proseguono fino a oggi, e prosperano. È proprio nel 1995 che parte la “austen-mania” cinematografica e che i fan club della scrittrice dilagano ovunque. Se all’origine i “janeites” erano uomini (come Rudyard Kipling, che intitolò proprio The Janeites un racconto su un gruppo di ufficiali della Prima guerra mondiale che usa un codice basato sui libri della scrittrice), oggi la moda Austen (raduni in costume, lezioni di vita e di stile, lettura di libri) è prevalentemente, ma non solo, femminile. Chissà perché è esplosa proprio all’avvicinarsi del nuovo millennio. Non bastano le dive che hanno incarnato sullo schermo lei e le sue eroine, Gwyneth Paltrow, Keira Knightley, Kate Winslet, Emma Thompson, Anne Hathaway, Kate Beckinsale; come non bastano gli women studies accademici e femministi (cominciati quasi un secolo fa). C’è qualcosa, nel suo Settecento tagliente e ordinato, che parla all’oggi. Forse, da una parte l’affermarsi sempre più forte della sorority (la “sorellanza”) e, dall’altra, una voglia di sicurezza e di ragionevolezza che ha poco da spartire con il furore romantico di altre generazioni.
EMANUELA MARTINI
Mercoledì 20 luglio alle 21 Triennale Milano presenta Le ragazze ribelli del cinema muto, secondo appuntamento di Sound and Moving Pictures. Unexpected Matches, rassegna a cura di Alina Marazzi con la sonorizzazione live di film rari e materiali provenienti da archivi e cineteche. Tra i corti in programma, con le musiche dei dj The Sweet Life Society, due Dance serpentine di Edison dagli albori del cinema, le circensi Sorelle Bartels e Lea sui pattini, con protagonista la star comica e moglie di Polidor Lea Giunchi.
Due cineaste che amiamo alla guida di due giurie veneziane: sarà Julianne Moore a presiedere i lavori dei giurati della prossima Mostra del cinema di Venezia (dal 31 agosto al 10 settembre), mentre Céline Sciamma guiderà la giuria della sezione Giornate degli autori.
A un anno dalla sua scomparsa, il 21 luglio a Roma (Isola Tiberina, dalle 20.45) Red Shoes e Isola del Cinema dedicano una serata alla sceneggiatrice e regista inglese Clare Peploe: Una Swinger a Roma è il titolo dell’omaggio, a ingresso gratuito, che prevede un incontro con Antonietta De Lillo, Valentina Agostinis e Anna Maria Pasetti e, a seguire, le proiezioni del doc di Valentina Agostinis Blow Up di Blow Up e il terzo lungometraggio di Peploe, Il trionfo dell’amore.