Singolare, femminile ♀ #057: Oltre la collina
La colonna sonora dell'estate, grazie a Stranger Things, è una canzone del 1985, Running Up That Hill: tracciamo un breve ritratto di Kate Bush, artista britannica eccentrica, autrice di brani dalle suggestioni uniche, oltre che interprete e regista di videoclip che hanno fatto la storia.
Col secondo volume, anche la stagione 4 di Stranger Things si è conclusa, ma la sua colonna sonora risuona, da più di un mese, in ogni dove: il sintetizzatore e la voce ultraterrena di Kate Bush in Running Up That Hill (A Deal with God) hanno preso possesso dei social, sono utilizzate in reel e pubblicità, hanno riportato in cima alle classifiche un brano pop di quasi quarant'anni fa. Nella dilagante e ancora non esaurita moda del revival anni 80 è facile dedurre che non fosse la prima volta che il pezzo di Bush veniva "riesumato"; tra le altre, era già comparso nella prima annata della serie Pose (senza contare le numerose cover realizzate negli anni, per esempio, da Tori Amos e dai Placebo), ma l'utilizzo che i gemelli Duffer ne hanno fatto per l'arco narrativo di Stranger Things ha trasformato la canzone in una sorta di inno salvifico e rivitalizzante. Le sue note, trasmesse in cuffia da un walkman, diventano un vero e proprio scudo protettivo contro il villain di questa stagione, una sorta di mantra musicale, ma perfino di più: un luogo dell'anima in cui rifugiarsi al riparo dalla crudeltà e dal trauma.
Il personaggio di Max Mayfield utilizza Running Up That Hill come un'arma difensiva, una bolla musicale in cui trovare riparo, con modalità che rispondono, sì, all'ormai vasta e complessa mitologia fantasy della serie, ma che a un livello metaforico più universale e immediato mettono in scena il potere taumaturgico e simbolico della musica nell'adolescenza, il rifugio che alcuni brani sembrano edificare, l'immedesimazione in un testo che parla di dolore e lancia a Dio la sfida impossibile di scambiarsi di posto. L'efficacia della scelta è indubbia, e l'enorme popolarità della serie ha fatto sì che Running Up That Hill sia tornata di prepotenza nelle classifiche mondiali, facendo scoprire alle generazioni più giovani il genio di Kate Bush.
L'artista britannica è stata una delle voci - in senso letterale e figurato - più potenti della scena pop tra anni 70 e 80, autrice di brani enigmatici e suggestivi, dominati dalla sua gamma vocale da soprano, capace di gorgheggi delicati e impetuosi all'interno dello stesso pezzo, caratterizzati dalla sua presenza scenica magnetica e cangiante e dalla costruzione di un’atmosfera cupamente favolistica, eterea e sensuale al contempo. Con almeno un piazzamento nelle classifiche musicali per cinque decenni consecutivi, Bush è una delle cantautrici di maggiore successo di sempre, nonché la prima donna ad aver raggiunto la prima posizione della top ten britannica con un brano scritto da sé (si tratta del suo singolo più noto, Wuthering Heights, del 1978).
Scoperta da David Gilmour dei Pink Floyd, Bush mette subito in campo il suo talento unico, sensibilmente originale, e la sua formazione, oltre che di cantautrice, come pianista e ballerina, esibendosi dal vivo o nei videoclip (ci torniamo tra poco) in performance bizzarre e surreali; messa sotto contratto dalla EMI, usa la somma elargita dalla casa discografica per seguire le lezioni di danza interpretativa del coreografo e mimo Lindsay Kemp, già maestro di David Bowie, aggiungendo alle sue esibizioni un elemento di messa in scena complessa e misteriosa, in qualche modo fuori dal tempo e dalle mode, straniante e sovraccarica. E proprio a Bowie si rifà il lavoro di Bush sulla coreografia e sulla rappresentazione del corpo dell'artista sulla scena, che utilizza strumenti teatrali inusuali nel panorama del pop per sovvertire le norme e i cliché, rivendicando la propria singolarità e il proprio status di outsider in un mondo - quello dei tanto decantati Eighties - fortemente codificato e subdolamente omologante.
Ogni brano di Bush e ogni clip a esso collegato è un curioso lacerto di arte quasi aliena, un mondo a parte in cui vigono regole peculiari, un "luogo dell'anima", appunto, dove un adolescente degli anni 80 poteva davvero rifugiarsi per essere se stesso in tutta la sua originalità e impopolarità; nell'esilarante primo romanzo dello scrittore e sceneggiatore David Nicholls, Le domande di Brian, l'amore spassionato per Kate Bush è uno dei poco seducenti tratti distintivi del giovane universitario protagonista, e in un articolo per il "Wall Street Journal" Nicholls racconta di come l'andamento ipnotico dei brani di Bush stabilisse un legame emotivo potentissimo, quasi esclusivo, un sentimento di sospensione che da ragazzo era per lui una consolazione e da adulto è stato fonte di ispirazione per la scrittura. In questo senso, la scelta dei Duffer (di cui Winona Ryder, grande fan della cantante, si attribuisce parte del merito) di usarla come "inno" personale di Max in Stranger Things si rivela particolarmente azzeccata: in una delle sequenze più memoreabili dell'annata, la protagonista fugge letteralmente da un inferno di sensi di colpa e traumi al ritmo pulsante e sintetico del brano, con cui stabilisce una connessione quasi extrasensoriale.
L'aspetto più eccentrico e anticonvenzionale dell'opera di Bush sono certamente le peculiari ispirazioni per i suoi brani e il suo sofisticato lavoro di scrittura dei testi: il succitato Wuthering Heights, ovvero Cime tempestose, rilegge il capolavoro di Emily Brontë facendo parlare lo spettro di Catherine, incapace di abbandonare l'amato Heathcliff e posseduta da un amore più forte della morte. Cloudbusting, sempre dall'album Hounds of Love da cui proviene anche Running Up That Hill, è basata sull'autobiografico Un libro dei sogni di Peter Reich, in cui l'autore racconta la storia del padre Wilhelm, inventore di una macchina per "sparare alle nuvole" e portare la pioggia; Moving, dal suo album d'esordio The Kick Inside, è un'ode al suo maestro Lindsay Kemp e all’arte della danza; The Sensual World, dall'omonimo album, riporta in vita il monologo di Molly Bloom dall'Ulisse di Joyce strappando il personaggio dalla bidimensionalità della pagina.
Grande fan di Woody Allen, dei Monty Python e del cinema horror classico, Bush ha creato un immaginario tra il gotico e il surreale, cupo ma innervato di grande ironia, che spazia dalla narrazione di un'apocalisse atomica (Breathing) al beffardo incontro di una notte con Hitler (Heads We're Dancing); testi percorsi da una sensualità anomala e perturbante, come la relazione “carnale” tra una donna e un pupazzo di neve narrata in Misty. Si ispirano esplicitamente al grande schermo i suoi testi per The Infant Kiss, una storia di fantasmi che attinge al Suspense di Jack Clayton, e The Wedding List, sulla vendetta di una vedova ispirata alla Sposa in nero di Truffaut.
Ma a scrivere un pezzo di storia della musica pop, e a imprimersi nell'immaginario collettivo, sono stati anche i videoclip di Kate Bush, molti dei quali diretti in prima persona dalla cantautrice. Come quello di Experiment IV, che i fan di Stranger Things troveranno assai familiare: in un'allucinata atmosfera fantascientifica da Guerra fredda, un misterioso esperimento condotto dall'esercito prevede sensori applicati alla testa dei soggetti e finisce con una vera e propria strage all’interno del laboratorio segreto (tra i medici in camice c'è pure un giovane Hugh "Dr House" Laurie). Celebri quasi quanto il brano medesimo, sono due i videoclip ufficiali che accompagnano Wuthering Heights: nella prima versione, Kate danza di bianco vestita su sfondo neutro, fantasmatica presenza in un caleidoscopio di movenze da teatro danza; nella seconda e più nota versione, l'abito è rosso fuoco e Bush piroetta nella brughiera inglese, una performance divenuta talmente di culto da ispirare una manifestazione battezzata "The Most Wuthering Heights Day Ever", un flash mob creato nel 2016 in cui, in varie parti del mondo, ogni anno centinaia di persone si danno appuntamento all'aperto, indossando una replica dell'abito di Kate/Catherine del video, per dare vita a una danza collettiva e tentare di stabilire il nuovo record di "maggior numero di persone vestite da Kate Bush".
Altro cult immortale è il videoclip di Babooshka diretto da Keef, in cui Bush mette in scena la spirale di paranoia e gelosia di una donna che sfida la fedeltà del consorte tramite una performance di danza interpretativa che la vede duettare, velata di nero, con un contrabbasso, per poi trasformarsi in una seducente guerriera dai bagliori metallici.
Nel clip della succitata Cloudbusting, diretto da Julian Doyle, Bush reinterpreta la storia della famiglia Reich e della curiosa invenzione della macchina per la pioggia, mettendosi lei stessa, con parrucca corta e abiti infantili, nei panni del giovane Peter Reich, al fianco di Donald Sutherland nel ruolo di Wilhelm. L'atmosfera bizzarra e survoltata dei suoi clip, accentuata dalle sue performance iper espressive e sopra le righe, contribuisce a fare di Bush un'alfiera della rivendicazione della propria individualità, per quanto fuori dagli schemi e "weird" questa possa apparire. Va da sé che questa caratteristica ha fatto di lei un'icona della comunità LGBT+, portatrice di un messaggio di accettazione di sé e di legittimazione del proprio desiderio e della propria diversità che la cantautrice ha esplicitamente messo in musica sin dagli esordi, col brano Kashka from Baghdad (dal secondo album Lionheart, 1978), storia di una coppia omosessuale.
Nel 1993 Kate Bush è dietro la macchina da presa per un vero e proprio mediometraggio, The Line, the Cross and the Curve, al fianco di Miranda Richardson e Lindsay Kemp: un musical che mette in immagini i suoi brani dall'album The Red Shoes, rivisitando la storia di ossessione e possessione del capolavoro Scarpette rosse. Il film è stato distribuito come straight to video con scarso successo, e nonostante negli anni abbia conquistato a sua volta uno status di culto (è tutt'ora programmato nei cinema d'essai di mezzo mondo), Bush l'ha in seguito parzialmente rinnegato, e poco dopo si è ritirata dalle scene per quello che doveva essere un anno sabbatico ma è stato invece uno iato di oltre 15 anni.
Oggi, a 44 anni di distanza dal suo debutto, Bush è al centro della scena più che mai, e il suo inesausto elogio della bizzarria, della complessità e della rivendicazione di sé trova accoglienza ancor più matura nel pubblico di questi anni 20: artista in anticipo sui tempi, l'aliena Kate è atterrata anche su TikTok ed è, ancora, più moderna di tutti. ILARIA FEOLE
A proposito di riletture di Cime tempestose e del personaggio di Catherine: in tempi recenti, una delle più memorabili è quella firmata dalla regista britannica Andrea Arnold nel 2011. Vi riproponiamo la recensione comparsa sul n. 18/2013 di Film Tv.
Wuthering Heights
Trasposizione d’autore che nel tradimento inventa una nuova forma di fedeltà all’opera, il Cime tempestose di Andrea Arnold lascia che il vento impetuoso della brughiera sconquassi le pagine del romanzo di Emily Brontë, agitandole senza strapparle. In concorso a Venezia 2011, l’opera terza della regista britannica si è vista appiccicare la limitante etichetta di “il Cime tempestose con Heathcliff nero”; la Arnold, sulla base della descrizione del protagonista “dalla pelle scura come quella di uno zingaro”, ha scelto un interprete dagli spiccati connotati etnici, elemento estraneo e catalizzatore di tensioni nella società in cui viene accolto da trovatello. Ma l’operazione dell’autrice è più complessa: con camera a mano e soltanto il vento come incessante colonna sonora, spazza dall’opera immortale della Brontë la polvere dei secoli e delle trasposizioni impomatate, per rinfocolare la brace pura di una storia d’amore brutale e autodistruttiva. La ricostruzione del contesto storico è realistica e cruda, la messa in scena quasi dogmatica (nel senso di Von Trier): dialoghi ridotti all’osso, macchina da presa che, coadiuvata dal formato in 4:3, ritaglia angoli di intimità inaudita, il film colpisce per il suo debordante contenuto sensoriale. Nell’avvicinarsi ai corpi pubescenti di Catherine e Heathcliff la Arnold indugia su pelle, sangue, saliva, restituendo la sensazione tattile di un legame primordiale e inarticolato, che solo da adulti arriverà a cristallizzarsi nelle parole. Sparite voce narrante e cornice del testo originario, a rendere l’idea della furia titanica di Heathcliff sono chiamate le forze della natura, i rumori di uno Yorkshire brullo (illuminato dalla fotografia mozzafiato di Robbie Ryan, giustamente premiato a Venezia) con cui il protagonista si identifica e si fonde. Taglia molto, la Arnold, che si concentra solo sulla prima metà del romanzo, ma aggiunge anche, sempre all’insegna di un “tradimento illuminato”: la sequenza in cui Heathcliff, in preda a passione furente, si riunisce al corpo senza vita di Cathy in un impeto quasi necrofilo, nel libro è omessa e solo suggerita, ma risulta coraggiosamente coerente nella messa in scena del film.
ILARIA FEOLE
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