Singolare, femminile - #014: Ragazze vincenti
Singolare, femminile
lo schermo delle donne
- di Alice Cucchetti e Ilaria Feole -
#014 - Ragazze vincenti
Ciao ,
questa è Singolare, femminile, un viaggio settimanale attraverso i film, le serie televisive, le autrici, le attrici che hanno fatto e stanno facendo la storia del cinema e della tv.
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Si concludono l’8 agosto queste strane Olimpiadi di Tokyo 2020 giocate nel 2021, ma può essere che non vi sia passata tutta la voglia di sport, oppure che proprio seguire gare su gare ve l’abbia fatta aumentare. Ecco allora una playlist cinematografica da mettere nella valigia agostana: otto (più uno) film sportivi con indimenticabili protagoniste dietro e davanti la macchina da presa.
Sarah preferisce correre
ATLETICA – Sarah preferisce correre (2013) di Chloé Robichaud
Sarah corre. Corre talmente bene che dalla periferia di Quebec City, dove ha frequentato il liceo segnando record nel mezzofondo, ha la possibilità di trasferirsi a Montreal e allenarsi alla McGill University. Corre talmente forte da calpestare, almeno all’apparenza, gli ostacoli lungo la strada, prima di tutto quelli economici: sua madre non ha soldi per mandarla all’università in un’altra città, ma Sarah ci va lo stesso, convince un collega di lavoro a trasferirsi con lei, lo sposa perfino (e per finta) per ottenere finanziamenti statali. Sarah corre dritta ma non basta: la vita adulta e indipendente è più ingrata di quel che s’aspettava, forse il finto marito la ama per davvero, forse qualcosa succede, dentro di lei, quando guarda la compagna Zoey cantare e il suo cuore le gioca, letteralmente, scherzi. Lo sport e il romanzo di formazione vanno d’accordo da sempre, e l’unione di entrambi ricorre in questa lista, così come la classificazione “esordio”: Sarah preferisce correre è l’opera prima della quebecchese Robichaud (classe 1988), presentato al Certain Regard di Cannes 2013. E affidato completamente, e felicemente, alla performance silenziosa e tenace di Sophie Desmarais, in un racconto asciutto, aperto sul mondo a venire come una corsa di cui non si vede il traguardo. Disponibile on demand su iTunes e Google Play
Skate Kitchen
SKATEBOARD – Skate Kitchen (2018) di Crystal Moselle
Se siete teenager o avete gli occhi aperti sulle vite parallele dei più giovani, soprattutto quelle che scorrono ai margini dei nostri scenari metropolitani, saprete che sempre di più lo skateboard – a differenza di quel che accadeva ai suoi albori (per ripassarli: Lords of Dogtown di Catherine Hardwick) – è anche un gioco da ragazze. Naturalmente conquistarsi lo spazio urbano per la tavola a rotelle non è semplice, soprattutto visto che c’è ancora chi crede che per le donne l’unica tavola appropriata sia quella da cucina: da qui, da un insulto lasciato casualmente sotto un video YouTube, il collettivo di giovanissime skater Skate Kitchen ha preso il proprio nome. La documentarista Moselle – dopo averle incrociate in metropolitana – le ha rese protagoniste prima di un corto della serie Miu Miu Women’s Tale (nel 2016), poi di questo film che scivola tra fiction e autenticità, e infine di un’apprezzata serie HBO, Betty, in Italia purtroppo ancora inedita. Tutti da recuperare, a maggior ragione nell’anno in cui lo skateboard ha debuttato alle Olimpiadi. Disponibile su Prime Video e on demand su Chili
Hard, Fast and Beautiful
TENNIS – Hard, Fast and Beautiful (1951) di Ida Lupino
La diciottenne Florence Farley passa i pomeriggi a giocare a tennis in solitaria contro la saracinesca del garage. Ma basta una sortita al country club e il mondo si accorge della sua bravura; soprattutto la madre Millie, imprigionata in un matrimonio che non le regala né amore né soddisfazioni. Con l’intervento di un losco procuratore, Millie comincia a manipolare l’ingenua Florence e a sfruttarla per ottenere ciò che ha sempre desiderato: soldi e avventura. Una parabola da mélo familiare perfettamente sovrapposta a quella del film sportivo: Claire Trevor/Millie è una “mum fatale” mossa insieme da egoismo e frustrazione, la morale è inevitabilmente reazionaria (Florence tornerà al sicuro tra le mura domestiche), ma il film di Lupino mette in campo sotto la superficie anche diverse complessità della condizione femminile. All’epoca fu un flop, e non è certo ricordato tra i migliori titoli della cineasta; invece merita una visione, anche per le scene dei match tennistici, fotografate con inedita modernità. Disponibile su YouTube
Sognando Beckham
CALCIO – Sognando Beckham (2002) di Gurinder Chadha
Bend It Like Beckham recita il titolo originale, riferendosi all’abilità unica del celebre calciatore inglese di far curvare miracolosamente la palla nei calci piazzati. Anche Jess è chiamata a uno sforzo simile: giovane londinese figlia di genitori indiani sikh vecchio stampo, ha una passione inarrestabile per il calcio che la sua famiglia trova inaccettabile. L’incontro con Jules, una coetanea bianca con la sua stessa vocazione, è rivoluzionario: l’amica la trascina con sé nella sua squadra, e Jess si trova a zigzagare tra le aspettative familiari e la gioia del gioco. E pure l’amore, perché Sognando Beckham è un frullato riuscitissimo di generi diversi: c’è il film sportivo, certo, con una partita cruciale a far da climax, ma ci sono anche la commedia adolescenziale, quella romantica e quella familiare, ed è pure un ritratto (auto)ironico di una seconda generazione sospesa tra tradizione orientale e contesto occidentale. Col tempo è diventato un cult, o forse, meglio, un piccolo classico: ha quasi 20 anni, ma sembra non sentirli (anche perché, purtroppo, tanti suoi temi non hanno smesso di essere attuali), e vive di continue riscoperte generazionali, grazie anche al filo d’acciaio dell’amicizia tra le due protagoniste. Disponibile in dvd
Naissance des pieuvres
NUOTO SINCRONIZZATO – Naissance des pieuvres (2007) di Céline Sciamma
Nell’esordio di Sciamma il nuoto sincronizzato è più che altro uno sfondo, il contesto in cui si muovono le tre protagoniste: in una piscina di un sobborgo parigino, dove alcune squadre di diverse età si allenano negli sport acquatici, la quindicenne Marie va a vedere l’esibizione della sua amica Anne e rimane come stregata dalla magnetica Floriane. Ma non è uno sfondo casuale: per una storia che è soprattutto quella di corpi che cambiano, mutano, scoprono (e temono) le profondità insondabili del desiderio, non c’è elemento migliore della fluidità imprendibile e instabile dell’acqua, né una disciplina più adeguata del nuoto sincronizzato, che i corpi li ingabbia in geometrie e sorrisi quasi disumanizzanti. Lo stesso fa Sciamma con le sue giovani in fiamme (un cast perfetto su cui svetta un’abbagliante Adele Haenel), chiuse tra le linee dritte di corsie, corridoi gelidi, docce piastrellate, angosce identitarie di un mondo senza adulti. Dimostrando già al debutto di saper cogliere con grazia e verità le sfumature di un’età inquieta e feroce. Disponibile in dvd estero
Whip It
ROLLER DERBY – Whip It (2009) di Drew Barrymore
Un altro esordio, ma qui è quello di un’attrice che il cinema ce l’ha nei geni e nell’infanzia: Barrymore porta sullo schermo il romanzo Derby Girl di Shauna Cross, che firma la sceneggiatura. Anche Whip It è un coming of age, al dolceamaro sapore indie garantito dalla presenza di un Elliot Page reduce dal successo travolgente di Juno. L’attore interpreta qui un personaggio in qualche modo simile: Bliss è una ragazza contemporaneamente timida, stramba e ribelle, in rotta costante con la madre che la vorrebbe eterea reginetta di bellezza. Quando scopre il roller derby – gare di corsa su pista, senza esclusione di colpi, su pattini a rotelle, una sottocultura che costeggia il punk e che nel nuovo millennio è rifiorita particolarmente nell’hipsterissima Austin, Texas – finalmente si sente a casa: nel cameratismo di donne non convenzionali dai soprannomi esilaranti e battaglieri (Barrymore si ritaglia il cameo della sciroccata Smashley Simpson) e in competizioni in cui nessuna è una bambola preziosa da non sciupare o rompere. La trama segue una traiettoria solida e per questo infallibile: incassare, cadere e poi rialzarsi, scoprendo di non essere di vetro, vale per i pattini e per quasi tutto il resto. Disponibile on demand su Chili
Girlfight
BOXE – Girlfight (2000) di Karyn Kusama
Diciottenne di Brooklyn, madre morta suicida e padre violento, Diana Guzman allinea una rissa dopo l’altra tra i corridoi della scuola. Poi un giorno capita in una palestra di boxe e decide di farsi allenare, anche se è l’unica ragazza e suscita scetticismo e ilarità. Un altro esordio, doppio: Kusama alla macchina da presa e alla sceneggiatura (ispirata dalla sua autobiografica esperienza sul ring) e Michelle Rodriguez nei panni di Diana. L’attrice non aveva mai boxato, e nemmeno recitato (aveva fatto al massimo la comparsa), eppure è la sua presenza magnetica e convincente ad ancorare e far brillare il film, insieme a una regia che sa rivoltare a proprio vantaggio il basso budget, così come tutti i cliché del genere (e di genere), lasciando affiorare anche il teen drama e il romanticismo (Diana, proprio come Rocky, ha il suo Adrian). “Inside you know yourself?” chiede coach Hector nel climax finale, e Kusama asseconda la domanda filmando scene di pugilato che, un match dopo l’altro, ci sprofondano sempre di più nel ring, soli, con Diana, contro tutti. Disponibile in dvd
Ragazze vincenti
BASEBALL – Ragazze vincenti (1992) di Penny Marshall
“Non si piange nel baseball!” è la reazione dell’esterrefatto coach Jimmy Dugan (un fantastico Tom Hanks in uno dei suoi rari personaggi non esattamente immacolati) davanti alle lacrime di alcune sue Peach, la squadra di baseball femminile che (non) allena per continuare a offrire al pubblico l’indispensabile dose di “American pastime” mentre tutti i maschi abili sono impegnati al fronte nella Seconda guerra mondiale. Ma nel baseball, soprattutto quello cinematografico, si piange eccome: qualcuno ha perfino sostenuto che di tutte le discipline sia quella che meglio si sposa con il grande schermo, per la quantità di elementi climatici e metaforici che offre. E non potrebbe essere più vero che nel cult – leggero ma tutt’altro che inconsistente – di Marshall sulla breve e gloriosa stagione dell’All-American Girl Professional Baseball League raccontata attraverso la storia finzionale di due sorelle, Dottie e Kit (Geena Davis e Lori Petty, meravigliose). Nessuna love story, se non la loro, e quella con lo sport romantico per eccellenza, destinate entrambe a sciogliersi nel finale sul Diamante. Tra le lacrime, naturalmente. Disponibile in dvd.
ALICE CUCCHETTI
Un altro bel romanzo di formazione che utilizza l’ambiente sportivo ma anche inediti toni thriller è The Fits, esordio del 2015 di Anna Rose Helmer. Ilaria Feole l’ha recensito tra gli Scanners del n° 43/2016.
The Fits
In una palestra-incubatore, dove corpi pubescenti si modellano sulla forma dell’età adulta, l’undicenne Toni si allena sul ring col fratello maggiore, corre per infinite rampe di scale come ogni piccolo aspirante Rocky deve fare, e di nascosto sbircia il mondo parallelo, una porta più in là, del team femminile di danza e parate, circonfuso di glitter e di sessualità in fiore. Abituata al cameratismo rozzo e alla complicità schietta dei ragazzi della boxe, ma affascinata e terrorizzata insieme dai complessi rituali delle fanciulle danzanti, Toni cede alla sirena della musica e tenta di muovere il suo corpo su ritmi che non siano quelli dei pugni, avvicinandosi all’universo iper-femminilizzato del team di ballo. Che però, proprio mentre lei comincia le prove, è falcidiato da una serie di misteriosi episodi convulsivi, tra asma ed epilessia, che colpiscono una a una le ragazze. L’esordio nel cinema di fiction della giovane promessa indie Anna Rose Holmer, realizzato nell’ambito di Biennale College, fa coincidere il mondo con il centro sportivo di Cincinnati dove è interamente ambientato: le case, le famiglie, l’esterno non esistono, perché è lì dentro che Toni e le altre ragazze mettono in campo se stesse e danno forma alla loro identità. Ma quale forma? Toni non sa ancora chi o cosa vuole diventare, si allena coi maschi, si dipinge le unghie con le femmine, il suo volto impassibile e penetrante è materia vergine da modellare. Così l’isolamento geografico in cui la regista incapsula il centro sportivo, apparentemente privo di collegamenti con la vita reale, diventa un modo per mettere in scena un perturbante contenitore di corpi, immersi nel liquido amniotico dell’adolescenza; un luogo via via più sfuggente e quasi onirico, dove gli strani attacchi che mettono le ragazze al tappeto, privandole per lunghi minuti del controllo del proprio corpo, si configurano presto come un imprecisato, necessario rito di passaggio, atteso con ansia, esibito con orgoglio, un menarca simbolico che, come un fantasma, prende possesso delle giovani membra per restituirle, forse, a quel mondo fuori che non si vede mai. Slittando con sorprendente nonchalance dal pedinamento documentaristico (a eseguire le coreografie è una vera squadra di majorette) al thriller raggelato, fedelissimo al punto di vista della piccola protagonista, il film di Holmer è un racconto di formazione che guarda le sue “mutanti” con partecipazione. Elaborando un plot minimale in un suggestivo lavoro di ricerca formale: la padronanza degli spazi e il raffinato sound design rivelano un talento da tenere d’occhio.
ILARIA FEOLE
[pubblicato su Film Tv n° 43/2016]
Dopo aver (ri)visto Ragazze vincenti, è d’obbligo recuperare su Netflix il documentario prodotto da Ryan Murphy Un amore segreto, che racconta la storia vera di due ex giocatrici della vera league of their own (a proposito: dal film è in lavorazione una serie spinoff Amazon co-creata da Abbi Jacobson). Se invece durante le Olimpiadi di Tokyo vi siete appassionati alla vicenda umana di Simone Biles, due documentari raccontano l’ambiente di abusi della nazionale di ginnastica statunitense: Athlete A su Netflix e Il prezzo dell’oro su Sky Documentaries e NOW. Infine, potete continuare il viaggio tra i film sportivi anche su MUBI, con la collezione Ai vostri posti: Un’Olimpiade cinematografica: vi segnaliamo Something Different (1961) della grande cineasta ceca Vera Chytilova, che segue in parallelo la vita di una casalinga annoiata e della campionessa di ginnastica Eva Bosakova, e il documentario Freedom Fields (2018) di Nazhia Arebi, su una giovane squadra di calcio femminile nella Libia post rivoluzionaria.
Nel 1978 una giovane filmmaker newyorkese, Claudia Weil, debuttò con l’apprezzato film Girlfriends, che oggi viene citato come influenza imprescindibile da Greta Gerwig e Lena Dunham. Com’è andato il resto della sua carriera? Non benissimo. Lo racconta in questa interessante intervista al “Guardian”. [in inglese]
Dal 24 al 27 settembre a Bologna torna in presenza lo storico festival di cinema lesbico Some Prefer Cake (e dal 27 settembre al 3 ottobre una selezione di film sarà disponibile online on demand). Nel frattempo, se volete, potete aiutare l’organizzazione del festival partecipando al crowfunding.
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