Singolare, femminile - #009: Una mappa per il nuovo mondo

Singolare, femminile
lo schermo delle donne
- di Alice Cucchetti e Ilaria Feole -
#009 - Una mappa per il nuovo mondo
Ciao ,
questa è Singolare, femminile, un viaggio settimanale attraverso i film, le serie televisive, le autrici, le attrici che hanno fatto e stanno facendo la storia del cinema e della tv.
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Dal 9 luglio approda su MUBI First Cow, il nuovo film di Kelly Reichardt, tra le maggiori cineaste statunitensi contemporanee (è possibile registrarsi qui per assistere, lo stesso giorno, a un Q&A con la regista). L'occasione per ripercorrere le strade e i temi del suo cinema e del suo sguardo, capace di raccontare l'America di ieri e di oggi con una spiccata sensibilità per i personaggi marginali.

L'incipit di First Cow, il magnifico anti-western di Kelly Reichardt che dal 9 luglio sarà distribuito su MUBI, è l'istantanea di un viaggio negato: nell'Oregon del presente un cane curioso disseppellisce un osso, e la sua giovane padrona, scavando in quella zona, porta allo scoperto due scheletri stesi vicini, affiancati in un'intimità eterna. Non può saperlo, ma un paio di secoli prima quei due corpi erano in procinto di partire, di lasciare le foreste dell'Oregon per la vivace San Francisco, meta dove fondare una nuova attività commerciale, e forse, chissà, anche un ipotetico nucleo familiare. Tutto il cinema di Reichardt, nata a Miami 57 anni fa, è la negazione e la frustrazione (in chiave esistenziale e metacinematografica) di una delle spine dorsali del cinema a stelle e strisce, ovvero il road movie: il mito della Frontiera che nei decenni si è sostanziato nell'epica dell'on the road, del coast to coast, delle sterminate highway d'America dove l'eroe cinematografico compie il proprio destino. I film di Reichardt negano questo movimento, oppure lo diluiscono sino ad annullarlo, ne smarriscono il senso, ne ricontestualizzano il romanticismo. Sin dal suo esordio, con un neo noir di soli 76 minuti impantanato nella sua natìa Florida, River of Grass, che Reichardt stessa definì «un road movie senza la strada, una love story senza l'amore, e una crime story senza il crimine»: cosa resta, allora, quando si elidono dall'immaginario cinematografico questi elementi cardine?
Resta, innanzitutto, il rapporto fra i personaggi e l'ambiente, un habitat che non è più sfida da compiere, orizzonte da conquistare, natura da domare, bensì un teatro partecipe e talvolta riottoso in cui va in scena la lotta per la ridefinizione di sé dei protagonisti: come in Old Joy (un altro dei titoli che a luglio saranno disponibili su MUBI nell'ambito dell'omaggio alla regista), che con First Cow ha molti legami, a partire dall'ambientazione nell'Oregon e da un'amicizia maschile che esula dai canoni di cameratismo e buddy movie per farsi nucleo queer (al di là di ogni etichetta): al centro del film è il weekend di campeggio di due amici che testano i confini di un rapporto complesso e forse usurato, saggiando la distanza reale e metaforica tra le proprie esistenze. Si può dire che l'unico viaggiatore, nel cinema di Reichardt, sia lo spettatore: il mezzo di trasporto è l'uso sapiente che Reichardt fa del montaggio, da lei firmato in tutti i suoi film, che preserva l'opacità dei protagonisti, la loro difficile leggibilità, suturando momenti a tratti quasi casuali della loro vita davanti ai nostri occhi; come se li stessimo osservando dal finestrino di un treno in lento movimento, ora nascosti ora visibili, mai abbastanza vicini da essere agguantati.

Lo stesso vale per la Wendy di Wendy and Lucy (anch'esso in arrivo su MUBI), ovvero l'attrice feticcio di Reichardt Michelle Williams: accompagnata dalla cagnetta Lucy (il cane della stessa regista), la giovane donna vive nella propria auto e raggranella banconote per poter compiere il viaggio fino all'Alaska, ma una serie di accidenti la costringono a stazionare in una soporifera località dell'Oregon, lontanissima dal suo obiettivo. Non sapremo mai perché Wendy voglia raggiungere l'Alaska, né sappiamo cosa pensi per la maggior parte del film: la sua esistenza solitaria, senza contatti né fissa dimora, senza lavoro né famiglia, fuori dalle mappe geografiche e socioeconomiche fa di lei un'(anti)eroina molto simile, nel pervicace rifiuto delle regole altrui, alla Fern di Nomadland (toccata, probabilmente, dalla medesima crisi economica raccontata di sguincio nel film di Chloë Zhao). Ma qui gli orizzonti sterminati degli States sono negati, non c'è strada sotto gli pneumatici di Wendy né libertà nella sua fuga, il suo movimento è in frustrante circolo, in cerca della sua unica compagna smarrita, il cane Lucy; il road movie si fa statico, il motore spento, la macchina parcheggiata nel lotto desolato di un Sogno americano con la batteria scarica.
Dopo i primi tre film ambientati al presente, Reichardt estende la sua riflessione su ambiente, movimento e rapporti di forza all'epoca mitologica per eccellenza del cinema americano: quella della Frontiera, in un western atipico come Meek's Cutoff, che segue una carovana composta da tre coppie di mogli e mariti nell'estenuante viaggio verso il sito dove fondare una nuova vita. Reichardt ribalta gli stilemi del western a partire dal formato: genere "orizzontale" per eccellenza, che trova nel Cinemascope lo spazio per gli ampi orizzonti delle terre degli Usa, il western è qui inscatolato in un 4:3 soffocante, che restituisce la mancanza di visuale e di prospettiva dei suoi protagonisti, costretti a un viaggio estenuante di cui non intravvedono la meta, e costretti a fidarsi di una guida dalle intenzioni poco limpide e, in un secondo momento, addirittura del nemico numero uno, un nativo americano. Il film è imperniato sul punto di vista delle tre mogli, costantemente tenute all'oscuro delle decisioni dei mariti, potendo solo carpire informazioni portate dal vento e dai bisbigli; il loro ruolo, nella fondazione di questo Nuovo mondo, è del tutto marginale, strumentale e minoritario. Ribaltato nel momento in cui Emily (ancora Michelle Williams) imbraccia il fucile e compie la decisione di allearsi con l'altro personaggio ai margini, un "indiano", rimettendo in moto la carovana e riscrivendo personalmente la mappa per il Nuovo mondo.

Prima di tornare al West con l'ultimo, bellissimo First Cow, Reichardt ha firmato altri due film ambientati ai nostri giorni: Night Moves declina sui toni del thriller i temi della marginalità e della vita fuori dalle mappe, mettendo al centro una coppia di militanti ambientalisti che, insieme a un ex marine, distruggono tramite bomba una diga artificiale. Il rapporto tra protagonisti e ambiente si fa radicale: lo scopo di Josh e Dena (Jesse Eisenberg e Dakota Fanning) è letteralmente riscrivere il paesaggio, riportarlo a una condizione di libertà primigenia tramite un atto politico non contemplato dalla terra dei liberi e patria dei coraggiosi (come recita l'inno americano). Il successivo Certain Women (disponibile on demand su Chili, Prime Video Store, TIMVISION, Rakuten Tv) intreccia labilmente tre storie e quattro donne, legate da decisioni difficili e opportunità mancate; qui, gli spazi sconfinati del Montana non hanno niente di epico, ma piuttosto diventano un ostacolo insormontabile per la docente di legge Beth (Kristen Stewart), sconfortata dall'assurdità di un pendolarismo che tra andata e ritorno la costringe a otto ore quotidiane di automobile. Gli spazi aperti non sono una risorsa, se si è incasellati nella precisa gabbia sociale che si delinea intorno alle protagoniste; a Beth come all'avvocato di Laura Dern, alla rancher, discendente nativa, di Lily Gladstone, o alla donna borghese incarnata ancora una volta da Michelle Williams.
In First Cow, infine, Reichardt torna a raccontare di un'amicizia virile fuori dalle etichette, del sodalizio impossibile tra un pasticcere mite e un avventuriero cinese dallo spiccato senso per gli affari, che nel caos brutale della Frontiera (sempre l'Oregon, nel 1820 circa) si ritagliano uno spicchio di Nuovo mondo in cui costruire una quieta routine, una famiglia alternativa, e dunque una possibilità di nazione che nulla ha a che vedere con quella fondata su fango, avidità e genocidio che la Storia ha fatto vincere. Marginali perché diversi, poveri in canna e costretti a rubare il latte di una mucca padronale per confezionare dolci deliziosi da vendere a caro prezzo ai coloni affamati del profumo della civiltà, Cookie e King-lu tentano di mettere in scacco le regole della nazione in via di fondazione, commettendo un (piccolo) crimine per poter fondare le basi su cui reinventarsi come uomini onesti; fregano il capitalismo nascente solo per poter a loro volta diventare capitalisti: insomma, come recita il titolo della raccolta di racconti da cui Certain Women è tratto, Both Ways Is the Only Way I Want It, anche loro vorrebbero che fare le cose in entrambi i modi fosse l'unico modo. Un paradosso destinato a soccombere alla Storia, in un altro road movie negato, una versione alternativa del Sogno americano che, due secoli dopo, un cagnolino disseppellirà per errore. ILARIA FEOLE

Di Kelly Reichardt ci siamo occupati più volte su Film Tv, nonostante la maggior parte dei suoi film fossero e restino tutt'ora inediti in Italia. Sul n° 49/2014 le abbiamo dedicato uno speciale Scanners, da cui vi proponiamo la recensione di Night Moves; sul n°25/2021 trovate invece il focus sull'autrice e l'intervista ai protagonisti di First Cow.

Night Moves
Night Moves è il nome di una barca. Quella acquistata per 10 mila dollari dall’ex studentessa Dena, caricata d’esplosivo casalingo, trascinata sull’acqua di un lago artificiale fino a una diga da fare saltare, in una notte nera come la pece che successivamente si artiglia al cuore e al cervello dei tre co-protagonisti. Un terzetto improbabile, eppure verosimile, di ecoterroristi improvvisati: Josh vive isolato in una comunità di agricoltori, parla poco ma il piano è suo; Dena ha un background borghese, ma si è convertita fermamente alla causa; Harmon è un ex marine che agli alti ideali sposa la passione per la dinamite. Il diavolo è nei dettagli, come la tensione costruita da Kelly Reichardt nella prima metà di Night Moves, solo apparentemente prolissa mentre si attarda nelle minuzie che precedono un attentato: acquistare l’imbarcazione e tonnellate di fertilizzante, fabbricare l’esplosivo in una betoniera, caricarne i sacchetti su un furgone. Scalando vette ansiogene verso un culmine quasi insostenibile, sul pelo buio e increspato dell’acqua, per poi neppure scioglierle del tutto, non concedendo allo spettatore neanche un vero brandello di catarsi. Si accosta al thriller con il minimalismo che la contraddistingue, Kelly Reichardt, facendo, come di consueto, del paesaggio naturale un quarto, e fondamentale, personaggio: in Night Moves strade sterrate, boschi, tronchi d’alberi mozzati, spiagge lacustri sono segni grafici cupi e stilizzati di un incubo in crescendo. Il titolo originale è lo stesso di Bersaglio di notte, ma la pellicola di Reichardt (in Concorso alla Mostra di Venezia 2013) è apparentemente distante da quella di Arthur Penn; eppure nella seconda parte scollina verso atmosfere di densa paranoia inevitabilmente New Hollywood, mentre ci priva del conforto che deriva dall’individuare facili torti e ragioni. Un thriller esistenziale, lo definirebbe qualcuno: alla prima parte, in cui ogni passo dei protagonisti sembra liberare le infinite possibilità di tutto quel che potrebbe andare storto, corrisponde un secondo atto in cui le tessere cadono, una dopo l’altra, come in un domino inarrestabile. La valanga di terrore crolla tutta quanta dentro la testa di Josh, Dena e Harmon (e sono ottimi tutti e tre, Eisenberg, Fanning e Sarsgaard, costretti dentro interpretazioni raggelate), personaggi monolitici e respingenti, con cui entriamo in empatia nostro malgrado e su cui siamo chiamati, infine, a prendere una posizione, che ci vada di farlo o meno. ALICE CUCCHETTI
[pubblicato su Film Tv n° 49/2014]

Sempre su MUBI: per gli ultimi giorni del mese del Pride vi consigliamo la lettura di questa intervista alla regista femminista Lizzie Borden, presente sulla piattaforma con la sua incendiaria opera di culto del cinema queer Born in Flames. (in inglese).
Del trentennale di Thelma & Louise vi abbiamo parlato nel n. 4 di questa newsletter; lo scorso 21 giugno Geena Davis e Susan Sarandon si sono riunite (a bordo della Thunderbird) per un evento di beneficenza e per parlare dell'impatto duraturo del film: potete leggere alcune delle loro dichiarazioni qui (in inglese).
Dal 1° al 10 luglio, a Trieste ma anche online su MyMovies.it, la 22ª edizione di ShorTS International Film Festival: il Premio Cinema del Presente sarà assegnato ad Alice Rohrwacher, che terrà anche una masterclass visibile online tramite la pagina Facebook del festival.
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