Singolare, femminile - #002: Le idee al potere

Singolare, femminile
lo schermo delle donne
- di Alice Cucchetti e Ilaria Feole -
#002 - Le idee al potere
Ciao ,
questa è Singolare, femminile, un viaggio settimanale attraverso i film, le serie televisive, le autrici, le attrici che hanno fatto e stanno facendo la storia del cinema e della tv.
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Dietro cult come Terminator e Aliens, ma pure dietro il successo di The Walking Dead, c'è una donna, la produttrice Gale Anne Hurd. Parliamo di lei e di come ha innovato il cinema di genere insieme a Giona A. Nazzaro, direttore del Festival di Locarno, che ha scelto di assegnare a Hurd il prossimo Premio Rezzonico.

Quando si parla di cinema di genere molto spesso si pensa a un genere (sessuale) solo: fantascienza, action e catastrofico sono territori convenzionalmente - e un po’ pigramente - associati a una dominante di sguardo maschile, sia nell’ambito produttivo e autoriale sia a livello di target spettatoriale. Un luogo comune felicemente sfatato da figure di autrici, sceneggiatrici e produttrici cruciali per l’evoluzione del cinema di genere, che hanno saputo lasciare il segno nell'immaginario collettivo: una di queste è sicuramente la californiana Gale Anne Hurd, classe 1955, poliedrica produttrice (e sceneggiatrice) che tra gli anni 80 e i 90 ha riscritto le regole del cinema di genere contribuendo al successo di titoli come Terminator (che ha pure co-firmato; è anche a lei che dobbiamo l’esistenza di una delle icone femminili d'azione più emblematiche degli anni 80, Sarah Connor), Aliens - Scontro finale e Armageddon e innervando di una vitalità e di un’acuta attenzione al femminile (nella costruzione dei caratteri, nelle dinamiche relazionali, nella stratificazione dei sottotesti) le filmografie di registi come Michael Bay, Brian De Palma e James Cameron (questi ultimi due sodali sul set e nella vita, essendo stati entrambi per brevi periodi suoi consorti). Nata artisticamente nella factory di Roger Corman, produttrice attivissima “sul campo” (parole sue: «Oggi un sacco di produttori se ne stanno in ufficio e non vanno sul set. Non so come si possa pensare di supportare un film se non ci sei dentro ogni giorno») Hurd è diventata negli anni una vera potenza di Hollywood, applicando la sua intelligenza produttiva anche al piccolo schermo: è tra i responsabili di uno dei più longevi prodotti seriali contemporanei, The Walking Dead (spinoff compresi) e delle serie Prime Video Lore e Hunters. Tutti ottimi motivi per conferirle il Premio Raimondo Rezzonico al Festival di Locarno 2021, riconoscimento che le sarà assegnato il prossimo 7 agosto nell’ambito di un omaggio che prevede anche la proiezione di alcuni dei suoi film: abbiamo incontrato il neodirettore di Locarno Giona A. Nazzaro per parlare di questa scelta e dell'importanza di Hurd nel panorama hollywoodiano.

Come è nata l'idea di assegnare a Gale Anne Hurd il Premio Rezzonico?
Io sono un attento lettore di titoli testa e titoli di coda, e a un certo punto mi sono reso conto che quando si andava al cinema e si vedeva un bel cinema di genere, di solito tra quei titoli compariva il nome di Gale Anne Hurd. È uno dei personaggi centrali di quel cinema, ma quasi invisibile, non è "un nome", per così dire. Però quando le si punta un riflettore addosso si scopre che è molto più interessante di quanto si immaginava. Mi piace molto l'idea che dietro alcune delle storie più visivamente interessanti e con i sottotesti politici più rilevanti di quegli anni ci fosse una donna.
Hurd ha iniziato la sua carriera come assistente di Roger Corman. In che modo ha raccolto, da produttrice, l'eredità del re dei B movie?
Hurd è decisamente cormaniana per come intende il blockbuster. Il blockbuster, come estetica, lo ha inventato Corman, non per l’aspetto economico, ma come concetto di film di genere che si basa su un'idea forte; non li concepiva come macchine da guerra, come i cosiddetti tentpole di oggi (ovvero i film e le saghe che da soli sorreggono l’economia di una major, ndr), ma piuttosto come dei 45 giri di rock’n'roll. E in Terminator questa cosa si vede molto bene: c'è l'eredità cormaniana di un'idea che viene portata fino in fondo e intorno alla quale si muovono, in cerchi concentrici, altre idee. Era questa la genialità di Corman, e i suoi allievi più attenti hanno saputo riprenderla. Terminator fu etichettato come «banale film d’azione», quando uscì al cinema, ma in realtà conteneva idee molto forti su cui lavoriamo ancora adesso, e che hanno segnato (insieme ad Alien) il passaggio tra gli anni 70 e gli 80: l’idea della maternità, della percezione del tempo e dello spazio. Hurd ha anche prodotto il film più bello di Michael Bay, Armageddon: un film catastrofico con grandi interpretazioni; anche quello, volendo, un film cormaniano su scala gigantesca. Sotto il bollo superficiale di “americanata” si trovano, analizzando, idee e personaggi molto interessanti.
Proprio Alien e Terminator contengono due personaggi per una lettura femminista del cinema di genere: Ellen Ripley e Sarah Connor. Quest’ultima la dobbiamo appunto a Hurd.
Certo, e io credo che molto dell’afflato femminista del cinema di James Cameron venisse proprio da Gale Anne Hurd; anche questo è un lascito cormaniano, è un aspetto a cui Corman è sempre stato attento come regista. Così come Doppia personalità, altro titolo prodotto da Hurd, era la risposta di De Palma a chi lo aveva accusato di misoginia dopo Vestito per uccidere.

Hurd si è contraddistinta per scelte produttive coraggiose, anche ardite.
Oggi si perde un po’ di vista il fatto che il cinema fantastico, prima che diventasse tentpole movie, era sempre un laboratorio di idee. C'erano molte più idee in Aliens - Scontro finale che in tanto cinema che all'epoca veniva considerato d'autore. Questa vivacità delle idee è ciò che rende il cinema prodotto da Hurd molto interessante. Chi avrebbe messo soldi in un'idea come The Abyss? Ora è considerato un cult, ma la gente all’epoca non è che fosse entusiasta di vedere un film in cui succede pochissimo, molto astratto, fatto di creature d’acqua e di relazioni che si fanno e si disfano. Hurd ha prodotto anche film meno riusciti perché affidati a registi minori, come per esempio Fuga da Absolom o Spiriti nelle tenebre, che sono comunque riflessioni molto attente su cosa significa fare un film di genere, e sulle dinamiche tra i personaggi maschi in situazioni difficili. Ha sperimentato anche con l’estetica del film catastrofico, in Dante’s Peak - La furia della montagna di Roger Donaldson, un film molto curioso. Una delle sue produzioni che ha indicato tra le favorite, poi, è Le ragazze della Casa bianca, la sua rilettura di Tutti gli uomini del presidente: è sempre stata molto attenta all'aspetto politico.
Si è cimentata anche in zona supereroi: con Aeon Flux, L’incredibile Hulk e The Punisher.
Da produttrice ci ha provato due volte con il Punitore ed entrambe è andata malissimo al botteghino. Ma il secondo tentativo, Punisher - Zona di guerra, era un film d'azione interessante e "cattivo", affidato a una regista ex campionessa di kickboxing, Lexi Alexander. Hurd ha avuto l’intuizione di fondo di affidare cose molto “maschili” e testosteroniche a un trattamento femminile (anche per Aeon Flux, diretto da Karyn Kusama).
Non solo grande schermo: Hurd ha anche all'attivo prodotti seriali che hanno segnato la nostra epoca, come The Walking Dead (oltre alla più recente Hunters, dove fra l'altro si gioca molto con l'estetica del B movie settantesco).
The Walking Dead è stato il prodotto più autenticamente romeriano dopo Romero. Perché la domanda di fondo della serie era «Come facciamo a ricostruire? Quale è il patto sociale da attuare?». Soprattutto all'inizio, l'attenzione era sempre centrata sull’elemento umano, senza zombie centometristi o ibridi; era anche un commento molto preciso, in diretta, dell'isolazionismo trumpiano. Anche qui, di nuovo, è l'eredità cormaniana: mettere sempre al centro le idee, dentro un processo spettacolare. ILARIA FEOLE

Tra le uscite in sala del 13 maggio c’è Maternal, esordio nella fiction della documentarista Maura Delpero, che affronta il tema della maternità da un punto di osservazione molto peculiare: un centro religioso italoargentino per ragazze madri, l’Hogar di Buenos Aires. Ecco la presentazione del film che la regista ha scritto per Film Tv all’epoca del passaggio al Festival di Locarno.

Maternal
(secondo la regista MAURA DELPERO)
Nell’Hogar, centro religioso italo-argentino per ragazze madri, la convivenza fra due diciassettenni incinte e una novizia è l’occasione per far incontrare prospettive sulla maternità apparentemente inconciliabili.
Quella delle protagoniste Lu e Fati è una maternità speciale perché fiorisce su un corpo ancora in crescita e convive con l’irrequieta intensità dell’adolescenza. Ma il segno della contraddizione appartiene in realtà a tutte le maternità. Anni di pubblicità con rassicuranti bambini biondi hanno appianato la complessità di un evento rivoluzionario, destabilizzante, meravigliosamente difficile. La maternità adolescente, poi, mostra in maniera solo più patente e trasparente i conflitti propri di qualsiasi madre, tra desiderio e responsabilità, amore e fatica, adesione e distanza. Come la maternità negata delle suore racconta, attraverso la forza delle situazioni più radicali, dell’interrogativo che nel profondo si accende nelle donne rispetto alla possibilità di avere dei figli. L’Hogar è un luogo unico per la singolare convivenza di maternità precoce e maternità assente che ospita, ma di questa casa particolarissima mi premeva raccontare l’universale: quello delle ragazze, con i sogni di tutte le adolescenze e le sfide e i conflitti quotidiani del loro essere madri, e quello delle suore, con i sentimenti delle donne sotto il velo. In Maternal racconto un incontro tra donne molto diverse, la cui convivenza mette in circolo desideri contraddittori e genera cortocircuiti emotivi. Ma il paradosso, pur affascinante, di questa convivenza svela come donne apparentemente lontanissime si ritrovino accomunate da conflitti simili e profondamente umani. Il mio è un film che non occulta la complessità della maternità, né incarna un solo e unico modo di viverla; è l’invito in una casa normalmente inaccessibile, un mondo chiuso, in cui tuttavia, sotto una quotidianità crepuscolare, scandita dai rituali ecclesiastici e da quelli della maternità, pulsa la tensione emotiva di donne sole che la vita, per scelta o per destino, ha isolato dal mondo e dai suoi giochi. In questa casa, quando le porte si chiudono al mondo, lo spettatore è invitato a restare.
[pubblicato su Film Tv n° 32/2019]

La scorsa settimana vi abbiamo parlato di Una donna promettente: l’uscita del film è slittata al 24 giugno in seguito alle polemiche innescate dal doppiaggio italiano. Universal Pictures ha deciso di tornare indietro rispetto alla scelta di utilizzare una voce maschile per l’attrice transessuale Laverne Cox e il film sarà ridoppiato. Per approfondire il tema della rappresentazione e della discriminazione degli interpreti trans sullo schermo, vi consigliamo la visione del documentario Disclosure, di cui Laverne Cox è produttrice, su Netflix.
Sofia Coppola ha realizzato un cortometraggio per celebrare i ballerini del New York City Ballet e la bellezza della danza dal vivo; il corto, intitolato semplicemente New York City Ballet, è visibile online fino al 20 maggio nell’ambito del gala virtuale della prestigiosa istituzione newyorkese.
È cominciata la nuova stagione del podcast You Must Remember This della critica e storica del cinema Karina Longworth, dedicato alle storie dimenticate della Hollywood che fu. In questa annata si approfondiscono due leggendarie regine del gossip cinematografico: Hedda Hopper e Louella Parsons. [in inglese]
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